Elena Cerutti – Il cappello di Mendel – Torino, Golem, 2019, 250 p. (214)

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Il passaggio di Elena Cerutti dal suo primo romanzo, “Lo sconosciuto”, a questo secondo rappresenta un significativo momento di crescita e consapevolezza culturale circa la capacità di approfondimento e di studio dei sentimenti e di comprensione dei macro e dei micro universi comportamentali collegati all’essere umano.

Pur rimanendo infatti la semplicità della scrittura e la scorrevolezza nello svolgimento della trama, che non presenta mai eccessi o angoli spigolosi, si fa acuta l’introspezione dei personaggi. La descrizione dei legami – in parte autobiografici – che intercorrono tra l’odierna “eroina” e la sua famiglia, oggetto di studio, diventa approfondita e soprattutto questi vengono tratteggiati in modi e momenti cruciali transgenerazionali (sul filo dello studio psicologico ideato dalla francese Anne Ancelin Shuitzenber), capaci di meglio spiegare il vivere, oggi, della protagonista.

Giulia è infatti una cinquantenne, medico ricercatrice, con un passato sentimentale segnato da due traumatiche separazioni – la prima da un marito assente ed egoista, la seconda da un uomo che l’ha ingannata – che si relaziona con i suoi figli e con una brutta malattia, “il mostro”, che la colpisce proprio quando pensava ormai di poter cambiare, in meglio, la sua vita, accettando un nuovo lavoro all’estero.

E’ un processo lento, il suo, di crescita e maturazione, di progressiva acquisizione di consapevolezza dei suoi pregi, delle sue qualità ma anche delle sue debolezze, dell’accettazione di un passato non sempre facile e di un presente che pare esserle completamente sfavorevole. Eppure, nonostante ciò, attraverso queste analisi e questi confronti riesce a mettere ordine ed equilibrio nella sua vita, riacquistare la salute, trovare la forza di ricominciare. Escludendo però – questo è strano ed in contrasto con la visione positiva che indicano le altre sue scelte – un nuovo legame sentimentale che pur si presenta negli ultimi tempi.

L’autrice riesce lentamente ad immergere e coinvolgere il lettore nella trama di questa saga familiare, che si svolge tra Canavese e Torino con una breve parentesi di lavoro a Londra.

La nostra vita è forse guidata dai geni, dal cappello di Mendel (G.J. Mendel – 1822-1884 – biologo, matematico e monaco agostiniano, ceco, padre della genetica), si chiede la protagonista spinta alla riflessione da un amico medico inglese. I destini degli umani dipendono dunque dalla genetica, dai caratteri somatici ma anche dalle caratteristiche psicologiche ereditate con i cromosomi? Certo che sì, ma per sbrogliare il bandolo della matassa ereditaria collegata col presente occorre un profondo studio su alcuni fattori e comportamenti dei propri antenati.

Si può perciò prendere spunto dall’ultimo problema che ci coinvolge: una malattia, un’avversità o una grave difficoltà…, metterlo in relazione con il presente ed i propri familiari e studiare ed approfondire il proprio passato e gli antenati (magari trascrivendo le osservazioni e le riflessioni su un’agenda); tutto questo potrà portare ad accettare e risolvere i dubbi ed i legami con quel passato, quindi a cambiare atteggiamento, adeguandosi, meglio, al presente per cercare di vivere un migliore futuro.

Giulia, la protagonista del libro, questo fa e applica alla sua vita, riuscendo alla fine a darle una svolta migliore. Fuggire da se stessi e dalla realtà, dunque – come ha tentato di fare in un primo tempo – non paga e, soprattutto, non risolve.

L’autrice, infine, si spinge fino ad affermare che ognuno deve accettarsi cosi come è; non sempre è necessario dare un’altra relazione affettiva alla propria vita; occorre acquisire la consapevolezza di sé e delle proprie forze; non si scappa dai problemi, e quando il cuore, il corpo e la mente parlano chiaro, indicando un’altra strada, bisogna fare le scelte conseguenziali.

Questo è il messaggio principale trasmessoci da Elena: conoscere, capire, accettare, in un serrato confronto con se stessi, il proprio passato, non solo per affrontare, cambiare e magari risolvere le malattie ed i problemi relazionali dell’oggi, ma soprattutto per “curare e guarire” se stessi raggiungendo – dopo essersi conosciuti meglio – un nuovo, più positivo, equilibrio futuro.

Franco Cortese    Notizie in un click