Era loquace, un conversatore, con la scomparsa la casa è diventata silenziosa

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tratto da “L’ultima fila in alto”

La narrazione dei tanti episodi di forti emozioni, opposte, è il libro autobiografico “L’ultima fila in alto”, di Gianluca Bordiga, che verrà presentato prossimamente. Il racconto armonioso di una storia che inizia col papà dell’autore, fino ad arrivare all’attualità, tra vicende private e impegno pubblico, nell’arco temporale di novantacinque anni. Singolare e attraente in sé per il coraggio della scelta di vita fatta dall’autore è l’episodio che avviene in seguito al dramma della scomparsa prematura del suo papà. Siamo nell’86, Gianluca ha ventitrè anni, lavora ormai da nove anni, in una tipografia; s’è inserito nella vita pubblica da un anno, con un ruolo nella Pro Loco del paese, dove svolge il ruolo di Presidente. Il papà è venuto a mancare da due mesi; era ammalato da tempo di diabete, in modo forte, ma non c’erano segnali tali da far pensare al precipitare della sua salute. La mamma rimane tanto tempo da sola in casa, perché lui, Gianluca, durante il giorno è al lavoro, e la sera due volte a settimana va alle prove della Commedia, a Idro, e spesso si aggiungono gli impegni di riunioni e incontri della Pro Loco Ponte Caffaro, e anche con le altre Pro Loco di Anfo e di Idro per le tematiche impegnative della difesa del Lago D’Idro. La mamma di questa solitudine ne soffre tanto, soffre la malinconia, non era preparata ad una casa vuota, improvvisamente divenuta silenziosa, un silenzio anomalo e rumoroso per il suo morale. La solitudine lei non l’aveva mai vissuta, da nubile la sua era una famiglia numerosa, da sposata il marito, Nato, era sempre in casa perché la Sartoria era lì, quindi le giornate lavorative avevano luogo tra le mura della sua casa. Ed inoltre suo marito era prolisso di argomenti, tutt’altro che introverso, attento alle vicende sociali, politiche. È passato ancora troppo poco tempo dalla sua scomparsa, alcune settimane, la mamma non riesce a scrollarsi di dosso quella malinconia; lei cerca di non farsi capire da Gianluca, non gli dice nulla, ma lui si rende conto di questa sofferenza. Era abituata ad una casa molto viva sin da quando si erano sposati, nel ’56; ed era una presenza carismatica quella di Nato, simpatica e rassicurante. Gianluca vede la sofferenza di sua mamma, di conseguenza ne soffre anche lui. Ad un certo punto, lui prende la decisione forte, sì, data la sua età, ventitrè anni, è molto forte la decisione di non uscire più di casa il sabato sera e la domenica sera. Negli altri giorni della settimana, oltre al lavoro ha i vari impegni che mantiene, ma il sabato e la domenica quegli impegni raramente ci sono, così fa la scelta di tenere compagnia alla sua mamma. La mamma cerca di contrastarlo, mostra ovvio piacere per il pensiero di suo figlio, l’unico figlio rimasto, ma nel contempo cerca di dissuaderlo, tante volte gli dice “ma sei un giovane nell’età più bella, cosa fai in casa il sabato sera…io soffro, non riesco a non piangere perché mi prende la malinconia, non posso non pensare al tuo papà che anche se era ammalato da anni e non si muoveva più per me era tutto, con la mente e i ragionamenti era sempre presente…tu devi fare la tua vita, non staccarti dagli amici”. Ma Gianluca è deciso, ribadisce alla mamma che desidera fargli compagnia almeno per un po’, poi si vedrà.

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