Fico: il preside buono

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Al presidente di Montecitorio, che pare un preside troppo buono, scappa un sospiro a microfono aperto: “Eh, vabbè”. Nell’Aula della Camera mutata dall’emergenza nel set di un film sugli alieni, Roberto Fico prova a convincere un leghista a rimettersi la mascherina, mentre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte aspetta di parlare, senza mascherina.

Una scena che racconta molto del senso di un giovedì in Parlamento, quello dell’ennesima informativa di Conte, questa volta sulla fase 2. Perché il coronavirus per tanti politici è stato una livella, capace di frantumarne il peso (vero o presunto), figuriamoci la visibilità. Così in un giorno in cui c’è anche la diretta tv, vale tutto pur di farsi notare. Anche togliersi la mascherina come certi bimbi si toglievano il grembiule per fare dispetto alla maestra, come fa in apertura di seduta il leghista Paolo Paternoster. Già da alcuni minuti le opposizioni protestavano perché Conte, distanziato dai ministri, voleva parlare al microfono senza protezione. Così Fico deve ricordarlo: “Abbiamo stabilito in capigruppo che, come i deputati che parlano dal proprio posto devono mettere la mascherina perché non c’è la distanza sufficiente, quando si vuole parlare senza mascherina si va nell’emiciclo”.

Vorrebbe farlo anche il premier, ma Paternoster si toglie la protezione di stoffa. Fico prova ripetutamente a convincerlo a rimettersela, (“Non possiamo andare avanti così”), fino a sospendere la seduta per cinque minuti. Poi si riprende, con la Lega sempre nervosissima. Sarà la fatica per il presidio permanente in Aula deciso da Matteo Salvini: un modo per ricordare che il Carroccio c’è e il capo è ancora lui, ribaltoni interni permettendo. Ma i discoli senza mascherina abbondano e Fico si sgola pure con il renziano Luigi Marattin: “Se la metta e si segga per favore”. Intanto però grillini e leghisti si insultano a distanza. Rossano Sasso del Carroccio e il grillino Riccardo Ricciardi se ne dicono qualcuna di troppo, e il leghista invoca sanzioni: “Presidente, richiami Ricciardi”. Fico è zen: “Colleghi, tranquillità”. Come negli stadi, Sasso invoca l’intervento del Var per rivedere l’accaduto e il presidente annuisce: “Le rivedremo le immagini”. Ma il peggio non è finito.

Si passa in Senato, dove un eletto del Pd finisce in terra davanti alla buvette. Trattasi del vicecapogruppo del Pd, Cesare Mirabelli, che racconta: “Stavo parlando con il leghista Centinaio, con cui siamo amici, quando è arrivato un figuro che gli ha detto di non perdere tempo con gli asini e senza una parola sono stato buttato a terra”. Il “figuro” sarebbe un altro leghista, William De Vecchis, che all’Adnkronos assicura: “Non ho spinto nessuno, con Mirabelli solo un equivoco poi chiarito”. Testimoni sostengono che equivoco non pareva, e che la dem Valeria Fedeli abbia urlato a De Vecchis: “Ti denuncio”. Ma ci sarebbe anche il dibattito in Aula. Quindi Salvini, che davanti al microfono si tiene gli occhiali ma si toglie la mascherina, colore nero littorio. E subito ne dice una non male: “Il governo è ostaggio della Cgil”. E sembra il Berlusconi degli anni d’oro. Altri tempi, chissà quanto rimasti nel cuore di Matteo Renzi, ufficialmente in maggioranza.

Pugnace, il capo di Iv, ma di memoria corta. “Nessuno le ha mai detto di riaprire tutto”, scandisce di fronte al premier, anche se ad Avvenire il 28 marzo aveva detto che le fabbriche andavano riaperte prima di Pasqua e le scuole il 4 maggio. Poi, tra una frecciata ai grillini e una citazione di Seneca, scomoda Mino Martinazzoli: “La politica è altrove, noi vi aspetteremo là”. Citazione però già adoperata quand’era premier il 19 aprile 2016, contro le opposizioni che volevano sfiduciare il suo governo: cioè all’inverso.

Ma soprattutto c’è quella frase: “Quella gente di Bergamo e di Brescia che non c’è più, se avesse potuto parlare ci avrebbe detto: ‘Ripartite anche per noi’”. E i suoi senatori battono le mani: all’abisso.                 fonte    (di Luca De Carolis – Il Fatto Quotidiano)