Geolocalizzare i movimenti per contenere il contagio. L’Italia verso il modello coreano?

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L’evidente difficoltà a rispettare e a far rispettare le norme di sicurezza su spostamenti, limitazioni nei contatti interpersonali e abitudini di vita sta mettendo a serio repentaglio la principale misura di contrasto adottata nel nostro Paese alla diffusione del Covid-19: l’isolamento.

Un recentissimo studio pubblicato dall’Imperial College London su Science, che ha analizzato le dinamiche di trasmissione dell’epidemia in Cina, sostiene che la capacità dei casi asintomatici di infettare i sani è pari al 55% di quella dei casi con sintomi, e stabilisce che il contagio da casi non rilevati sia responsabile del 79% dei contagi accertati.

Statistiche e analisi cui si è giunti analizzando gli spostamenti dei soggetti infetti prima del lockdown – la procedura di chiusura e isolamento – attraverso il sistema di geolocalizzazione cinese. Tanto gli autori di questo studio quanto l’Organizzazione mondiale della sanità che cita il caso Corea del Sud come strategia virtuosa di controllo dei contagi attraverso un sistema di tracciamento via smartphone degli spostamenti delle persone, indicano quali misure migliori per contrastare l’epidemia restrizione dei movimenti e distanziamento sociale tracciamento con geolocalizzazione e testing dei potenziali contagiati per ricostruire e interrompere la catena del contagio.

Studiosi e scienziati pongono fortemente l’accento sull’esigenza di ricostruire istantaneamente la catena dei contatti avuti dai contagiati per prevenire l’ulteriore diffusione e anche intervenire con cure tempestive. Per farlo si ipotizza l’utilizzo di app di geolocalizzazione sui nostri smartphone. Nel nostro Paese tra chi sta seguendo studi e ricerche sul tema e divulga con precisione di dati e analisi è Fabio Sabatini, docente della facoltà di Economia alla Sapienza di Roma, che da giorni, tanto su Twitter quanto su Facebook, sta promuovendo una riflessione seria su questo strumento di lotta al Covid-19.

La geolocalizzazione dei nostri movimenti potrebbe contribuire significativamente a contenimento dei contagi, rapidità delle cure e quindi a un crollo dei casi mortali ma il prezzo da pagare per il nostro modello sociale è altissimo: la rinuncia seppure temporanea alla nostra privacy. Una scelta che apre scenari dimenticati nel nostro Paese. A quanta libertà siamo disposti a rinunciare per salvarci?

Esmeralda Rizzi