Giustizia su misura

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È possibile che un pedone venga investito mentre cerca di salire sulla sua vettura, e l’investitore se la cavi senza conseguenze?

Che a quest’ultimo non venga fatto l’alcol test, che ormai è la prassi anche negli investimenti senza vittime? Che un infortunio devastante, una gamba frantumata in più punti, venga definito «di lieve entità» nei rapporti della polizia locale, e che il pm incaricato del fascicolo chiuda a tempo di record l’indagine senza fare alcuna inchiesta e chiedendo il proscioglimento dell’automobilista? E, soprattutto, questo trattamento ha qualcosa a che fare con il fatto che anche l’investitore sia un pubblico ministero?

Sono queste le domande che si fanno i difensori di Lorenc, un fattorino delle consegne, uno delle migliaia lavoratori della logistica. Lorenc è fuori servizio da quasi dieci mesi per l’incidente del 2 ottobre scorso a Busto Arsizio, vicino Varese.

Per questi mesi di inattività non vedrà un euro, a meno che il ricorso dei suoi legali non venga accolto dal giudice sul cui tavolo è arrivata la richiesta di archiviazione firmata il 22 febbraio dalla Procura di Brescia, competente a indagare sui reati dei colleghi del distretto di Milano.

Il 2 ottobre a Busto pioveva molto. Intorno alle 13 Lorenc arriva in via General Cantore, consegna una busta, fa per risalire sul furgone. Passa una piccola Toyota che anche se la strada è larga viaggia rasente al furgone: quando Lorenc sbuca per tornare a bordo viene centrato.

Quello che i vigili verbalizzeranno come un «urto di lieve entità» gli manda in frantumi lo stinco, il referto parla di «frattura scomposta del piatto tibiale», le foto successive all’operazione sono pulp.

Lui viene portato in ospedale, quando arrivano i vigili si trovano davanti la conducente della Toyota, una giovane donna che dirà di non avere neanche visto l’uomo: «All’altezza della parte anteriore del furgoncino sentivo un gran botto». Solo a quel punto si ferma e vede Lorenc barcollante per il dolore.

La donna non è una cittadina qualunque: è un pubblico ministero in servizio presso la Procura di Busto. Non si sa se è lei a presentarsi come tale o se sono i vigili a riconoscerla, sta di fatto che già nel primo verbale viene identificata come «magistrato». Gli agenti raccolgono la sua versione dei fatti e lì si fermano.

Non interrogano altri testimoni, che pure sono presenti. Non le chiedono perché, in una strada larga quasi sette metri, viaggiasse rasente alle auto in sosta. Le risparmiano l’onta dell’etilometro. E mandano in Procura il rapporto che dà la colpa di tutto al ferito: era lui, dicono, ad avere posteggiato in divieto di sosta. Così impara, potrebbero aggiungere.

Il procuratore di Busto, quando arriva il fascicolo che riguarda la sua sostituta, lo trasmette per competenza alla Procura di Brescia. Qui la pm bustocca viene indagata per lesioni personali gravi e già il 22 febbraio viene proposta per l’archiviazione, «deve escludersi qualsivoglia profilo colposo nella condotta dell’indagata». E alla richiesta di trovare un accordo per un indennizzo, la pm risponde ai legali dell’investito: neanche per sogno.

Luca Fazzo