GUAI A CRITICARE IL PONTE SULLO STRETTO?

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Ieri la viceministra alle Infrastrutture e mobilità sostenibile Teresa Bellanova ha chiesto le mie dimissioni da rettore dell’Università per Stranieri di Siena (ma lo sarò solo da ottobre) perché non so “tenere la lingua a freno”.

È davvero gravissimo che un membro del governo si permetta di violare l’autonomia dell’università, con l’intenzione di reprimere l’espressione di una libera opinione, garantita a tutti (e perfino ai rettori) dall’articolo 21 della Costituzione.
O si vuol chiedere di nuovo ai professori un giuramento di fedeltà al regime?
Avevo scritto su Twitter: “È un segnale infallibile, da anni : il #pontesullostretto è lo stigma di mafiosi, corrotti, mestatori, politici finiti, venditori di fumo, berlusconiani nativi e di ritorno, telepredicatori del progresso de noantri, servi dei padroni, sviluppisti d’antan, sauditi e pennivendoli”.
È la mia opinione, argomentata prima in tanti articoli e libri: ritengo che il Ponte sullo Stretto sia ormai il manifesto ideologico del peggio di questo Paese. Oltre a essere esattamente il contrario di quella sostenibilità (ambientale, economica, sociale) che la viceministra dovrebbe servire.
Spero che la sua uscita sia solo un incidente, dovuto a profonda ignoranza istituzionale.
Le porte dell’università sono aperte a tutti: anche alla senatrice Bellanova.
Frequentandola, potrebbe scoprire che l’università serve a nutrire il dissenso, a combattere il pensiero unico, a costruire strumenti per criticare il potere.
Non è mai troppo tardi.

di Tomaso Montanari