Il Comune compra la bioplastica, ma poi non ha i mezzi per trattarla

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Con Antonella Bundu avevamo presentato un’interrogazione per capire meglio la situazione delle bioplastiche a Firenze, sia per quanto riguarda la promozione di tale materiale nella grande distribuzione, sia relativamente agli acquisti del Comune di Firenze. Alia ci ha risposto che gli impianti oggi sono in grado di lavorare solo residui di cibo e vegetazione (si salvano giusto i sacchetti “mater Bi”) e di aver tenuto le istituzioni aggiornate sulla situazione. Il consumatore e la consumatrice pagano di più per materiale meno inquinante, ma poi lo stesso finisce in cicli altamente inquinanti (l’indifferenziato). Lo stesso ha fatto persino il Comune, che per uso interno ha acquistato materiale in bioplastica, anche se per fortuna poco meno di 10.000 pezzi.

Siamo di fronte a un disastro di organizzazione dei servizi e di comunicazione istituzionale, che lede la fiducia della cittadinanza, la quale invece si aspetterebbe dai soggetti pubblici azioni concrete sui temi dell’inquinamento e dell’emergenza climatica.

Ricordiamo che per decisione della Giunta, dal 30 settembre siamo (almeno teoricamente) diventati un territorio plastic free. Che sia chiaro però che la cosa riguarda solo le attività temporanee (sempre che ci siano i controlli, ovvio…), anche se su questo dettaglio spesso si tace.

Quindi: non siamo in grado di gestire un materiale all’avanguardia, il Comune pareva non saperlo – avendolo acquistato – e nel frattempo ci dichiariamo “liberi dalla plastica”.

In tutto questo in Consiglio comunale e alle Commissioni, per l’uso interno, sono rispuntati i bicchieri di plastica…