Ildefonso Falcones – La cattedrale di pietra – Milano, Longanesi, 2007, p. 643 (175)

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1320 – 1384: sessantaquattro anni vissuti in Catalogna e a Barcellona, in un periodo e luogo particolari a noi molto lontani, tra avvenimenti e personaggi storici reali inframezzati a fatti romanzati e soggetti inventati, ma intrecciati molto bene ed in modo tale da diventare difficile distinguere l’una cosa dall’altra. I servi della gleba sono i più, vessati da signorotti e padroni che pretendono tutto, dalle tasse all’assoluta obbedienza fino a spingersi, ed ottenere – come la storia testimonia – lo “ius primae noctis (diritto della prima notte), il diritto da parte di un signore feudale, in occasione del matrimonio di un proprio servo della gleba, di sostituirsi al marito nella prima notte di nozze. Comincia nella campagna spagnola proprio con uno di questi casi il nostro romanzo, bello e ben scritto, “assassinando” non solo la prima notte di nozze di Bernat, ricco possidente ma comunque soggetto a quell’umiliante tributo, e Francesca, bella ed illibata sua sposa, ma anche pregiudicando tutta la vita dei due coniugi e del loro unico figlio nato dopo quella fatidica notte, Arnau.
Tutta l’avvincente trama si svilupperà poi a Barcellona, dove il padre, fuggito dalla sua casa e dalle sue proprietà, porta il figlio per sottrarlo alla schiavitù ma abbandonando la moglie nelle mani di quel turpe signorotto,
Arnau crescerà imparando dal padre e dalla vita quotidiana quali sono i mezzi e gli obiettivi da perseguire, tra cui quello più importante: la libertà. “Due volte nella polvere, due volte sugli altari”, s’impegnerà ed arriverà a diventare famoso partendo dalla professione di aiutante bastaix (trasportatore di pietre per la costruenda chiesa di Santa Maria del Mar) ed arrivando ad essere Console del mare e barone di Granollers, ma anche povero in canna e prigioniero della Sabta Inquisizione sul punto di essere condannato a morte.
La chiesa di Santa Maria del Mar – che abbiamo visitato recentemente – è il vero fulcro dell’intera vicenda; come determinante nei momenti più difficili della vita di Arnau è Guillem, un mussulmano schiavo di un ebreo che passerà alle sue dipendenze, con moltissimi denari e “assi nella manica” e che risolverà sempre i più grossi problemi del suo padrone/principale.
La madre, Francesca, diventata dopo tanti anni una prostituta, rivedrà sua figlio ma questi non la conoscerà mai ritenendola morta.
La vita affettiva di Arnau si dibatterà tra due matrimoni imposti – uno dalle persone a lui più vicine (padre Albert di Santa Maria, il “fratello“ francescano, Joan ed i suoi amici bastaixos) e poi dal re – una relazione clandestina con Aledis, moglie dell’anziano proprietario di una conceria a cui però riuscirà a sfuggire, e l’amore, inizialmente da lui non corrisposto, di Mar, una sua giovane protetta.
Gli elementi emotivi umani più forti – l’amore (in tutti i suoi aspetti), la gelosia e l’affetto – con le altre passioni ed interessi principali: potere, ricchezza, desiderio, sofferenza, dolore e vendetta, sono “la colla” che tiene vincolati gli avvenimenti ed i personaggi, pur essendo i fatti narrati ben oltre 600 anni distanti da noi, a dimostrare che – sotto questo aspetto – nulla è cambiato nell’essere umano.

Franco Cortese notizie in un click