IMPROCEDIBILITA’ O PRESCRIZIONE: CHIAMATELA COME VOLETE, LA SOSTANZA NON CAMBIA

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La riforma della giustizia che porta la firma della guardasigilli Cartabia approderà in parlamento il 23 luglio

Ma da quando il testo è uscito pochi giorni fa dal Consiglio dei Ministri è un susseguirsi di critiche da parte soprattutto degli addetti ai lavori. Non parliamo solo di singoli magistrati o illustri ex pubblici ministeri che hanno a titolo personale espresso perplessità piuttosto puntuali su alcuni aspetti della riforma, ma dei magistrati che ogni giorno sono in prima linea nelle aule dei tribunali, e conoscono bene tempi e modi della giustizia italiana.

Nelle chat degli iscritti all’Associazione nazionale magistrati è un susseguirsi di allarmi e oggi un’indagine del Sole 24 ore su dai del ministero della Giustizia, tracciano la classifica dei distretti di corte d’appello in cui si rischia l’improcedibilità: in 10 su 29 la durata dei procedimenti penali supera i due anni posti come limite dalla riforma per consentire la celebrazione dell’appello.

Ciò significa che circa 190 mila procedimenti rischiano di finire al macero. Stiamo parlando del 75% di tutte le pendenze. La riforma indica anche interventi che vanno dall’ampliamento dell’organico con 16.500 addetti all’ufficio del processo che saranno destinati a quegli uffici con un carico di processi pendenti particolarmente elevato, 550 addetti alle cancellerie solo tra Roma e Napoli, dove arriveranno anche 80 magistrati in più. Inoltre, affermano i sostenitori della riforma, la nuova disciplina dell’improcedibilità si applicherà solo alle impugnazioni che hanno per oggetto reati commessi dal 1 gennaio 2020 mentre altri correttivi mirano a ridurre il perimetro dei procedimenti destinati ad approdare a dibattimento potenziando il ricorso ai riti alternativi.

Resta il forte timore che l’improcedibilità blocchi i processi e come ha detto l’ex presidente dell’Anm Albamonte, “che si chiami improcedibilità o prescrizione, il risultato è lo stesso”. Il risultato è una amnistia generalizzata che rischia di vanificare il lavoro decennale di tanti magistrati ed eroi delle forze dell’ordine.

Mauro Coltorti