ITALIA: LENTEZZA GIUSTIZIA E PA FRENO ALLA COMPETITIVITA’

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Non è un mistero. In Italia la lentezza dei processi giudiziari e quella della pubblica amministrazione scoraggiano pesantemente gli investimenti dall’estero.

Il nostro Paese è meno competitivo e perde di credibilità a causa del lunghissimo e incerto iter dei procedimenti civili e penali. Nel 2020 ci siamo collocati al 54° posto mondiale per quanto riguarda la giustizia civile. Nella classifica del WJP l’Italia arretra sullo stato di diritto e la situazione è destinata a peggiorare se non si corre ai ripari.
Per riprendersi dallo shock di questi dati, di solito si chiama in causa il buon andamento dell’export, la capacità italiana di continuare a innovare anche in settori tecnologici all’avanguardia. È certamente la nostra forza, ci fa andare avanti, ma in questo contesto non può consolarci. Peraltro, a patire la lentezza della giustizia sono anche le aziende italiane, non solo gli investitori stranieri.
Tutti concordano nel dire che una maggiore efficienza della giustizia si tradurrebbe in un aumento del Pil, le stime oscillano, per esempio il Pnrr parla di un aumento percentuale di mezzo punto nell’arco di dieci anni con un dimezzamento dei tempi nei processi.
Certezza delle regole, procedure trasparenti, bilanciamento ed efficienza nel dialogo tra istituzioni diverse, automazione con l’intelligenza artificiale di una quota significativa dei procedimenti, incentivazione delle negoziazioni stragiudiziali assistite, e molto altro ancora. Questi sono gli ingredienti per far marciare la giustizia al passo giusto.
Tanto lavoro. C’è un ma, da scandire forte e chiaro.

Questi problemi enormi non si risolveranno con sanatorie, appalti meno controllati, né con la riforma Cartabia che il Senato voterà a settembre. C’è da lavorare più in profondità a cominciare dal personale, dalle dotazioni tecnologiche, dai rapporti tra istituzioni diverse dello Stato. Altrimenti come Paese rimarremo bloccati o continueremo a scendere.