Italo Cammarata – Diario dell’anno 1482 dC- Verzi (PV). Guardamagna, 2019, p. 228 (211)

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Non di Torino, non del Piemonte, “geograficamente e politicamente lontani”, ma delle “Terre di mezzo” poste tra Alessandria, Tortona, Novi e Serravalle parla questo intrigante libro. Un’attenta, circostanziata e documentata descrizione dei principali avvenimenti verificatisi mese per mese, giorno per giorno, 10 anni prima della scoperta dell’America. (1482, con una sintesi storica finale anche degli anni 1481 e 1483), tra belligeranti di piccoli e grandi fendi imperiali. “Per ora ci si ammazza con pugnali e spade che gli armieri bresciani forniscono volentieri ai contendenti… i cannoni arriveranno Ira 15 anni... ma c’è già ii duca di Mantova che `gioca” a fare ii cannoniere… le prime bombarde sparano ancora proiettili di pietra lavorati a scalpello“.

L’acutezza dell’autore, partendo dalle date di molte lettere tratte dagli archivi di Milano, Tortona, Novi Ligure, Genova e Parigi (sue principali fonti bibliografiche), riesce persino a calcolare i tempi di recapito di quelle missive: 13 miglia in 15 giorni (in tempi normali); ma fanno invidia alle Poste odierne quando sono direttamente recapitate a cavallo, in tempi in cui i corrieri vengono anche torturati per estorcere notizie e i signorotti concordano lettere cifrate.

Un libro ricco di tante illustrazioni, per questo siamo “acconzo” (d’accordo) con l’autore quando suggerisce di leggere anche le note a fondo pagina per capire meglio uno degli anni più turbolenti di quel Rinascimento. Tasse ed esenzioni fiscali, approvvigionamenti di armigeri e armi, fortificazioni militari, congiure e ribellioni sono i temi principali trattati; poco noti (ma anche molto conosciuti) sono i personaggi che fanno tutto questo a difesa delle loro case, castelli, feudi, città, … Gian Galeazzo Sforza, Federico Gonzaga, Roberto di San Severino (che congiura contro Ludovico ii Moro), la famiglia Fieschi di Genova,… per ogni mese c’è una chicca, una curiosità, un aneddoto, che alleggerisce la fredda notizia, a volte “noiosa”, specificazione di documenti pur importanti. Per approfondire, citiamo solo qualche esempio tratto qua e là. Il comune di Tortona ancora fino al 1485 suddivideva equamente i governanti (ma anche i funzionari) in guelfi e ghibellini: i tortonesi de Curolis e da Cassano chiedono alla Corte milanese di poter continuare a godere dell’esenzione dalle tasse per il fatto di avere 12 figli a testa; per compiacere l’ambasciatore tedesco, la Corte scrive al podestà di Pavia che tra gli universitari arrestati ci sono alcuni giovani di sangue blu verso i quali è opportuno “non fare alcuna novità“, mentre contro gli altri studenti lombardi che hanno commesso questo eccesso “vogliamo che procediate!”.

In quasi tutti gli atti ducali c’è una frase che non ammette repliche net rispetto degli ordini “... eseguendoli, rimuovendo ogni cavillazione e frivola eccezione!”.

Tra tutti però desterà stupore tra i lettori un tragico, misterioso ed oscuro episodio realmente accaduto la notte del 5 aprite, venerdì santo del 1482: il podestà di Tortona informa la Corte milanese che alcuni uomini di Volpedo, “a circa le XX ore” hanno trovato un bambino di 9 anni modo, percosso da diverse ferite; nei giorni e mesi successivi la faccenda si chiarisce ma resta sempre motto torbida. Pare venga accertato che un frate, tale Giovanni de Guerris (dell’ordine dei Serviti), su istigazione e ricompensa (10 ducati) dell’ebreo Simone (entrambi poi rei confessi) abbia ucciso questo bimbo cristiano per procurargli il sangue necessario ad un non meglio precisato rituale col quale veniva mescolato ad altri ingredienti per preparare il pane azzimo.

Ma la storia non finisce qui. Nei mesi ed anni successivi il popolo attribuisce al bimbo dei fatti miracolosi e lo vuote beato se non santo; le autorità religiose impongono invece solo la celebrazione di messe in suffragio. Analogo atto rituale pare fosse avvenuto a Trento net marzo 1475, con il piccolo Simonino, che in motti volevano beato; solo nel 1965 il culto a lui dedicato venne abolito.

Naturalmente l’autore è preciso nel ricordare, richiami storici oggettivi alla mano, come, da una parte, i potenti (Sforza) ricorressero agli ebrei per finanziare i toro approvvigionamenti bellici, mentre dall’altra il popolino li odiasse e ti accusasse, senza concrete prove, di crimini nefandi e li perseguitasse con invettive che andavano dalla diceria al disprezzo per le toro accuse atta Vergine Maria e (“adorant unum mortum” ) verso Gesù.

Il libro si chiude con la “chicca”, breve storia delta morte di Roberto Sanseverino (famoso condottiero e capitano di ventura) che mori annegato nell’Adige, in battaglia, a 69 anni e con la foto della sua splendida armatura oggi custodita, come bottino di guerra, al Kunsthistorisches Museum di Vienna, che noi ammirammo dal vero, veramente perfettamente conservata e bella.

Franco Cortese    Notizie in un click