La sinistra la fa Di Battista

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Togliamo preliminarmente la terra sotto ai piedi a troll e hater: da Alessandro Di Battista ci dividono oceani (soprattutto sull’etnografia e i reportage Effetto dell’aver leggiucchiato in gioventù Malinowski e Margaret Mead), ma l’altra sera a Otto a mezzo ha detto cose non solo assolutamente condivisibili, ma le uniche condivisibili sentite in Tv da mesi da chiunque abbia varcato i cancelli catodici. La prima: “Oggi prendo posizione netta a favore del popolo palestinese”.

La seconda, suppergiù: i politici sono diventati opinionisti e intervengono solo su inezie, facezie, polemichette, evitandosi di prendere posizioni politiche nette in onore a una placida quanto mortifera pax draghiana. Nelle ore in cui nessuno si scandalizza per la partecipazione del segretario del Pd Letta alla manifestazione bipartisan al portico di Ottavia in solidarietà allo Stato di Israele, fianco a fianco con Salvini, Scafarotto, Boschi, Tajani e altro destrume, Di Battista è stato l’unico (ex?) esponente di un movimento politico (oltre a Fratoianni di Sinistra Italiana) ad aver espresso solidarietà al popolo palestinese, “perché quando c’è un’occupazione da parte di Israele dei territori palestinesi l’equidistanza non è una cosa sana”.

Intanto, nel bel pomeriggio romano, Letta, a ruota di Salvini: “Noi oggi siamo a soccorrere quei bambini, quei civili, quei soldati (sic) colpiti dal terrorismo”; poi, la mano sul cuore, ricorda quando visitò il ghetto “mano nella mano col primo ministro israeliano Bibi Netanyahu”. Non è poco, in un momento in cui la sinistra è presente in diluizione omeopatica (Leu) nel Governo dei Migliori e i media dell’establishment stilano resoconti tutti appiattiti sui comunicati ufficiali israeliani vendendoli per informazione.

Sulla seconda questione, quella dei politici opinionisti, Di Battista ha ragione.

E a tal proposito si rileva l’atteggiamento prevalente dei media nei suoi confronti, che perdura nonostante egli sia uscito dal Movimento, un atteggiamento che potremmo chiamare “sorrisetto razzista”.

Così egli è “Dibba”, “il Che Guevara di Roma nord”, “lo scappato di casa”, autore di libri stupidamente idealisti, colpevole di fare politica senza autorizzazioni dall’alto, cosa che peraltro la Costituzione consente a “tutti i cittadini”, non solo ai migliori e ai meritevoli. I quali migliori e meritevoli, poi, sono tutti i non 5Stelle, con preferenza per i furbi, gli scaltri, i Renzi, i Calenda, che sfornano libri pieni di pensierini in basic Italian di desolante povertà politica e intellettuale o di auto-celebrazioni quando non di bugie ai danni degli elettori.

Così, dalle fumosità un po’ da autogestione dei primi tempi, Di Battista – oggi lontano pure da Di Maio – ha maturato una specie di disinteressata schiettezza, e alla domanda di Gruber: “E quali sarebbero questi poteri forti?” sottinteso: che volevano far cadere Conte a favore di Draghi, ha risposto: “Beh, i gruppi industriali e editoriali, ad esempio il gruppo Gedi, e Confindustria” (sorrisetto razzista: non è una cosa personale, è collettiva: disprezzano in Di Battista il popolo da cui viene). Non sappiamo se Di Battista si farà un partito suo, e francamente le vicende dei 5Stelle e dei loro complicati arzigogoli su Rousseau, il doppio mandato etc. non ci avvincono; ma tra tanti bolliti, rovesciafrittatisti e difensori dei forti l’altra sera ha mostrato di avere coraggio, sensibilità e volontà di parteggiare per gli ultimi, che, ci pare di ricordare, era una missione della defunta sinistra.

Daniela Ranieri