Macché “luna di miele” interrotta: ai lavoratori il governo sa solo dire no

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La proclamazione dello sciopero generale da parte di CGIL e UIL per il 16 dicembre ha causato svariate reazioni, alcune delle quali non fanno altro che evidenziare la drammatica mancanza di cultura politica che attanaglia questo Paese

A partire dalla Presidenza del Consiglio, che si dice sorpresa e ritiene lo sciopero incomprensibile, per arrivare infine a certe autorevoli firme che hanno commentato la scelta dei sindacati con toni da lesa maestà. Qualcuno ha addirittura parlato di “sciopero politico”: insomma, ci si esercita con le tautologie, ma è grave che chi lo fa ne sia inconsapevole, se il suo mestiere è proprio quello che attiene alle parole.

A beneficio di chi non lo sapesse, uno sciopero è per sua natura politico. E, in questo caso, le rivendicazioni non sono meno che significative.

Purtroppo anche la risposta del ministro competente, Orlando, che pure in questo governo dovrebbe rappresentare, assieme a Speranza, la parte più sensibile alle istanze provenienti dal mondo del lavoro, sembra indicare una sottovalutazione della gravità della situazione che la maggior parte dei lavoratori si trova a vivere: secondo lui l’attuale manovra rafforza le garanzie per chi lavora.

Ma, incuranti della narrazione che proviene da Roma, i dati disponibili segnalano una crisi sociale che rischia gravemente di acuirsi.

Sostanziale incapacità di intervenire

Le crisi industriali che punteggiano il nostro territorio hanno visto una sostanziale incapacità del governo a intervenire, se non addirittura un disinteresse (come nel caso dell’ingiustificabile assenza dei ministri Orlando e Giorgetti all’ultimo vertice tra operai e management della Whirlpool); la già timida proposta governativa contro le delocalizzazioni non è mai stata formalizzata; e, in questo clima, la rinuncia a una più equa distribuzione del taglio delle tasse, che ad ora interviene principalmente a favore dei redditi medio-alti, pur nel quadro del lavoro dipendente, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Una vera beffa: sarà solo il 20% dei lavoratori dipendenti a beneficiarne, il 20% che già gode degli stipendi migliori.

L’Italia è l’unico paese OCSE in cui i salari sono diminuiti nel corso degli ultimi trent’anni; in più, l’ascensore sociale è bloccato e il nostro è uno dei più diseguali tra i paesi europei: solo Spagna, Grecia e Romania hanno un indice di disuguaglianza superiore. Eppure il governo, il primo governo da più di un decennio che può realmente disporre di un generoso aumento di risorse da distribuire, continua a trascurare le fasce più in difficoltà della popolazione.

In sintesi, si può non condividere le rivendicazioni che hanno portato allo sciopero generale. È lecito, ma questo atteggiamento ha anche un nome: si chiama classismo.

Lorenzo Fattori