Mafia, Ingroia: “Contrada condannato per fatti gravissimi”

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– “Certo, non sarà facile per i milioni di italiani che in questo momento drammatico del Coronavirus stentano ad andare avanti fra epidemie e licenziamenti in un Paese in piena recessione, comprendere, così come per i tanti presunti innocenti in carcere assediati dall’emergenza sanitaria, come a un colpevole definitivo per fatti gravissimi si possa riconoscere un maxi risarcimento di quasi 700.000 euro a carico delle casse dello Stato, che non riesce neppure a soddisfare le esigenze minime necessarie agli ospedali per fronteggiare l’emergenza”. Con queste parole, l’ex Procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, commenta con l’Adnkronos l’ordinanza della Corte d’appello di Palermo di liquidare la somma di quasi 700 mila euro all’ex dirigente dei Servizi segreti Bruno Contrada, per ingiusta detenzione.

Contrada era stato arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa alla vigilia di Natale del 1992. Dopo quasi venti anni di processi, con annullamenti con rinvio, è stato condannato in via definitiva a dieci anni di carcere. Ma nel 2015 la Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha sanzionato l’Italia per la condanna inflitta a Bruno Contrada per concorso esterno in associazione mafiosa.
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Secondo i giudici di Strasburgo, Bruno Contrada non doveva essere condannato per concorso esterno in associazione mafiosa perché, all’epoca dei fatti (1979-1988), il reato non “era sufficientemente chiaro e il ricorrente non poteva conoscere nello specifico la pena in cui incorreva per la responsabilità penale che discendeva dagli atti compiuti”. “Resta pur sempre un’ordinanza non definitiva, che – immagino – verrà impugnata in Cassazione. Meglio attendere la decisione definitiva prima di commentare – dice ancora Antonio Ingroia, che oggi fa l’avvocato penalista – Dall’altra parte, c’è una sentenza definitiva di condanna, mai revocata essendo state più volte respinte le istanze di revisione”.

“Fatti gravissimi, incontestabili perché accertati in tre gradi di giudizio, di favori a Cosa Nostra e a boss mafiosi di primissimo livello, favoriti nella loro latitanza – aggiunge ancora Antonio Ingroia – Poi c’è stata una sentenza Cedu su una questione di diritto, peraltro discutibile perché frutto di un palese fraintendimento interpretativo della fattispecie del concorso esterno, ma che comunque non ha in alcun modo intaccato l’accertamento di quei fatti gravissimi”.

“E per effetto della sentenza Cedu la Cassazione ha dichiarato ineseguibile la pena senza intaccare la condanna definitiva per quei fatti ma solo gli aspetti esecutivi della pena. In esecuzione di quella sentenza della Cassazione ora viene deciso questo risarcimento che nulla però toglie alla condanna definitiva”, conclude.