No, Berlinguer no

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berlinguer

Ne abbiamo subite tante in questi anni.
Alcune erano immeritate, frutto anche di pregiudizi e di paure.
Altre invece ce le siamo cercate per colpa della nostra superficialità e del nostro cinismo.
Ma non pensavamo di meritare il fatto che Matteo Salvini da un palco di Pontida – nello stesso giorno in cui hanno insultato Mattarella, dato dello sporco ebreo a Gad Lerner, aggredito un giornalista di Repubblica – arrivasse ad accostare la Lega a Enrico Berlinguer.
Intendiamoci, di cazzate ne abbiamo fatte anche noi, compreso regalare milioni di elettori alla destra.
Soprattutto perché siamo apparsi una variante dell’establishement, un pezzo di potere più che un pezzo di popolo.
E’ il motivo per cui siamo costretti a fare i conti con una sconfitta storica della sinistra e della necessità di uscire dall’angolo.
Ed anche noi non siamo stati figli degni dell’eredita’ politica e morale dell’ex segretario del PCI.
Ma quel nome uscito dalla bocca di Salvini può essere considerato alla stregua di un sacrilegio.
Non è una battuta, è quello che penso profondamente.
Per una serie di ragioni che è persino inutile spiegare qui.
Le biografie contano e ridurre Berlinguer a un santino neutrale buono per tutti i colori, per tutti i partiti e per tutte le stagioni politiche è un esercizio letteralmente insopportabile.
Uno sfregio alla storia del nostro paese.
Per cui Salvini la prossima volta conti fino a dieci prima di parlarne e di citarlo in un comizio.
Ne guadagnerebbe l’igiene democratica, ma anche il nostro fegato.
Messo a dura prova da 14 mesi di cialtronaggine di un leader di statura microscopica.

Arturo Scotto