Non basta che sia una donna

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“Basta che sia una donna” è la frase che, pure scherzosamente, riflette in pieno il desiderio del neo-segretario del Partito Democratico Enrico Letta che due donne occupino il ruolo di capo gruppo al Senato e alla Camera. L’obiettivo è stato rapidamente conseguito al Senato, ma in maniera effettivamente non proprio brillante. Il Sen. Andrea Marcucci della corrente di Base Riformista, fatta di ex-renziani e maggioritaria, ha posto come condizioni per la sua sostituzione quella di essere lui a designare la nuova capogruppo. La da lui prescelta, collega di corrente Simona Malpezzi è stata poi votata addirittura all’unanimità. Alla Camera, invece, essendosi manifestate due candidature, la situazione è molto più complicata. L’on., già ministro, Marianna Madia, entrata in Parlamento sulle code di Walter Veltroni nel lontano 2008, ha accusato con parole di fuoco l’altra candidata, Debora Serracchiani, già Presidente della Regione Friuli e europarlamentare, di essere stata cooptata dall’attuale capogruppo Graziano Delrio, anche lui a suo tempo renziano. Accuse, ovviamente, respinte, con sdegno.

Naturalmente, nessuno può negare la facoltà all’on. Delrio di indicare pubblicamente la sua preferenza. Difficile dire se abbia il potere, di imporre ai suoi colleghi e colleghe la candidata Serracchiani, ma non voglio sottovalutare il tasso di conformismo. Comunque, sarà il voto a decidere. Molto meglio sarebbe stato, anche al Senato, se tutte queste donne e, aggiungerei lo stesso segretario, avessero detto per quali ragioni ritengono di avere le capacità per svolgere il compito spesso delicato e importante di capo di un gruppo parlamentare. Infatti, anche quelle donne dovrebbero rifiutare l’espressione “basta che sia una donna”. Dovrebbero, al contrario, affermare che “no, non basta una donna qualsiasi”. Ė indispensabile, è da preferire una donna che abbia determinate qualità, alcune delle quali, ovviamente, debbono essere richieste anche agli uomini.

Letta ha ottenuto un successo, per ora soltanto di facciata. Sicuramente ne è consapevole, ma da questo momento è lecito chiedergli se le imposizioni e le cooptazioni sono le due modalità che servono per andare nella direzione della parità di genere e se una parità numerica conseguita in questo modo sia la premessa di una distribuzione migliore del potere e di una migliore rappresentanza politica delle donne. Per trasformare la società italiana, e la sua politica, in modo che, da un lato, garantisca eguali opportunità a donne e uomini, dall’altro, faccia ottimo uso delle risorse personali e professionali di uomini e donne quindi facendo crescere tutta la società, è improbabile che la strategia più efficace sia all’insegna dello slogan, pure scontando il tasso di scherzosità, formulato da Letta. Il segretario e il suo partito sono attesi a una elaborazione politica, sociale, economica e culturale di ben più elevato livello per la quale le cooptazioni rischiano di essere non elementi facilitatori, ma ostacoli.

Gianfranco Pasquino