Notte di Atlanta: 19 luglio di 25 anni fa. In Italia era già il 20

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Si stavano inaugurando le 26esime Olimpiadi dell’era moderna. Una notte di festa, di gioventù, di allegria, di speranza: in un mondo che aveva voglia di guardare avanti

Nessuno sapeva chi sarebbe stato ad accendere il fuoco sul grande, altissimo tripode, proteso nel cielo. Ma noi allo stadio – e, appunto, il Mondo – lo scoprimmo in diretta provando un brivido di commozione che per quanto mi riguarda resta tutt’ora assolutamente ineguagliato.
La grande nuotatrice Janet Evans, giunta alla sua quarta Olimpiade, portò la torcia fino alla pedana: ma non fu lei a completare la cerimonia. Consegnò quel fuoco, simbolo di pace, ad un uomo fiero, quasi severo, con lo sguardo puntato in avanti (verso qualcosa che solo lui sapeva), che l’aspettava con una dignità quasi sconvolgente. Rigidi i muscoli del viso, gli occhi scintillanti, che fissavano un punto lontano, quasi a voler acciuffare​ tutte insieme la gioia, la commozione, la solennità di un istante, come tanti ve n’erano stati nella sua vita da guerriero: una vita che tornava a incoronarlo. La sua mano destra – forte e ferma – afferrò la torcia e la strinse quasi volesse stritolarla: la mano sinistra invece era una farfalla esibita al mondo con coraggio, nobiltà e naturalezza. Si chinò verso un piccolo braciere : ci mise qualche secondo a completare l’operazione, davanti a uno stadio ammutolito e col fiato sospeso. Poi il fuoco volò verso il cielo.

E il boato di felicità e di ammirazione chi era presente rappresentò una goccia nell’Oceano dell’amore che contemporaneamente provò un miliardo di persone.
Muhamad Alì in quel momento fece pace con l’America e con chi non lo aveva capito. Fece pace anche con i Giochi Olimpici che aveva vinto 36 anni prima a Roma e la cui medaglia d’oro aveva gettato nel fiume Ohio per rabbia dopo che un uomo gli aveva dato, con disprezzo, del “negro”. D’altra parte proprio lì ad Atlanta, in Georgia, la città di “Via col vento”, pochi decenni prima neanche un campione dello sport “negro”sarebbe potuto entrare in un bar.
Quando qualcuno mi chiede di chiudere gli occhi e di pensare a un momento, uno solo, delle mie dieci Olimpiadi vissute dal vivo (e delle quindici che comunque ho assaporato) il momento è QUESTO!
“Impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo.

Impossibile non è un dato di fatto, è un’opinione. Impossibile non è una regola, è una sfida. Impossibile non è uguale per tutti. Impossibile non è per sempre. Niente è impossibile.“ (Cassius Clay-Muhamad Alì, 1942-2016))  

Marino Bartoletti