Ringrazio i Radicali per la iniziativa Ferragosto in Carcere

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Ringrazio i Radicali per la iniziativa Ferragosto in Carcere e per l’opportunità che ho avuto di entrare e fare una visita di 9 ore, sezione per sezione, del carcere di Sollicciano.
Dopo 9 ore lì dentro, devo ancora elaborare quello che ho visto e sentito.
Penso che la risposta non possa essere un semplice Buttare Giù e ricostruire, come hanno detto all’unisono il sindaco Nardella e il coordinatore delle destre Bocci, dopo la capatina di 1 ora che hanno fatto stamani.
Quello che mi rimane in testa è la ragazza che fa il panneggio, linguaggio simil-morse carcerario con un alfabeto fatto sventolando un panno per farsi “leggere” dal compagno nella sezione maschile.
Ripenso all’altra ragazza di 30 anni, con 3 figli, in cella con la cognata e anche lei, madre di 3 figli, con i rispettivi compagni nelle celle del “petalo” di fronte. Mi viene in mente il “professore”, l’unico signore distinto che ho visto, che sembrava pronto per andare a un dibattito alla Versiliana, e doveva aver fatto davvero qualcosa di grosso, un signore anziano così distinto, per ritrovarsi lì, nel carcere degli ultimi e nella sezione dei protetti, che si lamentava per la mancanza di seggette.
Penso alla sezione femminile, con le donne che abbiamo jncontrato nell’ora d’aria, in un giardino brullo con degli asini che brucavano. Quella sezione femminile con all’interno un asilo nido che ospita l’unico bimbo, figlio di una detenuta. La chiesa che funge anche da teatro ma non può essere utilizzata, perché una parte è sprofondata nella palude sulla quale è stato costruito il carcere. Ripenso al fatto che stasera I 770 detenuti non ceneranno perché i giorni festivi non c’è chi gli porta da mangiare la sera. Penso al signore tunisino e anche a quello belga che hanno fatto domanda di essere trasferiti in carcere al proprio paese, perché lì non ci si vive. Penso alla parola ‘domandina’ che utilizzano tutti nella sezione maschile, femminile e transessuale, per dire la procedura che fanno per rischiedere l’intervento di un’educatrice o educatore, le domandine che fanno per 4 mesi di fila, prima che venga loro assegnato un colloquio con uno dei 6 educatori/trici che lavorano per più di 700 persone. Penso agli agenti della polizia penitenziaria, che lamentano il rischio di rompersi il collo quando intervengono di corsa, scivolando sull’acqua che esce copiosa, giorno e notte, dai bagni, dal pavimento…

Penso a tutto questo e mi rendo conto che siamo in un loop, in un vortice tira dentro gli ultimi. Che non riescono più a uscirne.
In un periodo in cui i reati sono in diminuzione ma la popolazione carceraria aumenta, vanno fatte delle domande e date delle risposte che non possono essere securitarie.