#Scuola Presenza whatever it takes?

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Per me la scuola come priorità durante una pandemia significa in primo luogo garantire la salute collettiva, di chi nella scuola lavora e studia, permettere che si compia la campagna vaccinale prima che si sviluppino nuove varianti, fermare il dramma di oltre 400 morti al giorno.
Mettere in sicurezza il prima possibile e PRIMA di tornare in presenza.
Non mi rappresenta l’idea che si debba tornare a scuola in presenza il 7 aprile whatever it takes, con qualsiasi colore. La logica del non fermarsi, della apertura a tutti i costi, e se muore qualcuno pazienza, è la logica di Confindustria.
Mi sembra che anche a sinistra stiamo cedendo all’idea di non fermarci, di difendere la nostra ‘libertà di’ raccontandoci che le scuole sono sicure, e che dobbiamo poter andare al cinema, in teatro, in palestra.
Troppo spesso ci dimentichiamo che nelle scuole lavorano donne e uomini (sopratutto donne) a cui stiamo chiedendo di rischiare.
Ridurre il numero di alunn@ per classe, investire in edilizia, stabilizzare i precari e le precarie, nuove assunzioni, cancellare il titolo V riformato, istituire il medico scolastico, tamponare, vaccinare…
Un’ultima cosa non posso tacerla. La centralità della questione della presenza rispetto alla complessità della crisi che sta vivendo (da anni) la scuola pubblica – definanziata a botte di tagli e oggetto di controriforme devastanti – la presa di parola sulla scuola in nome ‘del futuro dei nostri figli’ mi crea un disagio emotivo enorme. Temo di sentirmi dire, da un momento all’altro, tu non puoi capire, tu non sei madre.
In effetti, sono solo un’insegnante.