Sette anni fa Benedetto XVI lasciava il pontificato. La convivenza impossibile con il “mondo“

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Sette anni fa Benedetto XVI lasciava il pontificato nello stupore generale. In una giornata di sole, davanti a una piazza San Pietro gremita, il papa dava le “dimissioni”. Un congedo difficile, pronunciato in latino. Con il cuore in mano e tanto pathos. Mascherato appena dal suo sorriso discreto. Quasi vergognoso. I fedeli sono spiazzati. E la stampa corre a cercare nella storia del Papato un gesto simile.
Sette anni fa le dimissioni di papa Benedetto XVI

Benedetto XVI si dilunga nei ringraziamenti. E ripete che la Chiesa è viva, anzi «è un corpo vivo». Come a dire i papi passano, la Chiesa resta. Stanchezza? Malattia? Forse il desiderio di uscire in punta di piedi dall’accerchiamento dell’esercito laicista-modernista. Due anni fa, per informare i fedeli sulle sue condizioni, scrive un’intensa lettera al Corriere della Sera. Dice che si trova «nel lento scemare delle forze fisiche». E che «è, interiormente, in pellegrinaggio verso Casa».

Difficile fin da subito la convivenza con il papa “venuto dalla fine del mondo”. Bergoglio, gesuita, attento alle cose del mondo. Fin troppo. Benedetto, teologo, baluardo della tradizione. La cultura che non si piega al laicismo progressista. La coppia non funziona. Non può reggere. I rapporti tra il papa emerito e papa Francesco si incrinano sempre più. Fino al gesto clamoroso di papa Bergoglio. Che pensiona padre George Ganswein.

L’intesa impossibile tra i due papi

Il tifo dei media per papa Francesco, la nostalgia dei tradizionalisti. La cronaca politica, le crisi internazionali. La questione morale, l’immigrazione. È troppo. La sintesi è impossibile. E nell’opinione pubblica scatta immediato il derby tra i papi. Ma si sbagliava chi pensava, o ancora pensa, che Ratzinger avrebbe dato vita a una sua corrente, un contro-papato. Niente di più lontano dalla sua natura e dalla sua vocazione.

Quindici anni fa, quando il conclave lo scelse, Benedetto XVI era la “stella polare”. La reazione forte di una Chiesa stanca. Il ritorno alle origini per fare fronte al relativismo etico. Alla crisi delle vocazioni. Ai catechismi disertati. Alla basiliche vuote. Poi l’uscita di scena. La rinuncia. La Chiesa ufficiale allora “cambia cavallo”. E gli preferisce un papa “populista”, solidale, tutto accoglienza e integrazione. Il papa dei porti aperti, delle telefonate a sorpresa. Il papa dei social e della comunicazione digitale.

Con le sue dimissioni sette anni fa, Ratzinger sanciva definitivamente il suo umile imbarazzo per la mondanità. Per la magnificenza delle sale papali. Per la modernità ignorante e baldanzosa. Un papa dal cuore malato e dalla cultura poderosa. Fuori tempo. Un papa vero. Per molti l’unico papa.