Sicura, inclusiva e di qualità. La “fase” 2 della scuola italiana

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Quando è iniziata l’emergenza sanitaria, la scuola si è trovata di fronte a un bivio: fermarsi aspettando il ritorno alla normalità, oppure adeguarsi alle nuove circostanze e mettersi alla prova utilizzando strumenti diversi. Ad oggi, anche paragonando il caso italiano a quello di Paesi vicini come la Francia (che in questi giorni ha dovuto rivedere le previsioni sulla riapertura delle scuole), possiamo dire di avere intrapreso la direzione giusta. La didattica continua a svolgersi, anche grazie allo stanziamento di 165 milioni per potenziare le dotazioni tecnologiche delle scuole e permettere agli studenti di seguire le lezioni da casa. Lo sforzo congiunto di famiglie, alunni, docenti, dirigenti e di tutto il personale scolastico ha prodotto importanti risultati, anche se resta tanto da fare per raggiungere chi finora non ha potuto adeguarsi a questa modalità di apprendimento.

Abbiamo accolto con favore anche le parole del presidente Conte sulla possibile riapertura, in via sperimentale, dei nidi, scuole dell’infanzia e centri per le attività ludiche dei bambini, qualora questa ipotesi non dovesse entrare in contrasto con le raccomandazioni delle autorità sanitarie. E noi stessi abbiamo proposto al Governo di valutare la possibilità di un rientro a scuola per quella categoria di studenti più svantaggiati che non viene raggiunta dalla didattica a distanza (il 6%, secondo le stime del ministero dell’Istruzione). Per il MoVimento 5 Stelle l’impegno a non lasciare indietro le studentesse e gli studenti più vulnerabili è e continuerà ad essere prioritario.

Grazie al lavoro della ministra Azzolina anche gli esami di maturità si svolgeranno in modalità diverse dal solito, solo in forma orale ma in presenza e attuando tutte le misure di sicurezza. Per il voto finale si valuterà in parte l’esame e in parte preponderante (al 60%) l’impegno durante l’intero percorso di studi e durante la didattica a distanza.

In questa fase così complicata per tutti, non abbiamo mai perso di vista quelli che vogliamo siano sempre i principi da seguire per il mondo della scuola: sicurezza, qualità dell’insegnamento, capacità di innovazione, valorizzazione del merito, inclusione. E così come abbiamo deciso di non fermare la didattica, allo stesso modo non ci vogliamo fermare nella battaglia per l’assunzione dei docenti precari e per il riconoscimento della loro esperienza. Dopo anni in cui il mondo della scuola è stato un mondo di precariato, finalmente sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale i bandi per un totale di 62.000 posti per docenti, a cui possono accedere sia giovani neolaureati che insegnanti con già una buona esperienza di lavoro alle spalle, ma tutt’oggi precari. La scuola della fase 2 e di quelle successiva potrà godere del loro prezioso apporto grazie ad assunzioni che avverranno da settembre in poi.

La prova concorsuale è l’unica che consente davvero, in totale trasparenza, di valorizzare il merito degli aspiranti docenti. Farlo è un dovere sia nei loro confronti che nei confronti degli studenti, che hanno diritto a ricevere un’istruzione di qualità. I due concorsi previsti già nei prossimi mesi si svolgeranno, naturalmente, rispettando tutti i necessari protocolli di sicurezza, per non mettere a rischio la salute di nessuno.

Le prime assunzioni arriveranno già a settembre 2020. E intanto vanno avanti i lavori di edilizia scolastica (anche in questo caso la sicurezza è al primo posto) grazie ai fondi stanziati nei mesi passati, mentre il ministero è impegnato a mettere a punto i diversi scenari per la riapertura di settembre, in base a quella che sarà la situazione del contagio e sempre nella speranza che si possa tornare tutti insieme in classe fin dal primo giorno. Anche rendendo più accoglienti e adeguando gli spazi alle esigenze di distanziamento o magari facendo lezione nei musei, nelle biblioteche, nei parchi e in altri spazi pubblici, sperimentando così nuove modalità di scambio con il territorio e le sue istituzioni culturali.

Continuiamo a guardare al futuro della scuola e dei nostri ragazzi, consapevoli che dal risultato del nostro impegno dipende – in questo caso più che in ogni altro – il futuro dell’intero Paese.