Un disegno di legge più pericoloso della legge Mancino

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transfobia

Il Paese è allo stremo, lavoratori senza cassa integrazione e autonomi che non incassano, ma i giallo-rossi pensano all’omotransfobia e si apprestano ad iniziare la discussione in sede di commissione parlamentare alla Camera. Il disegno di legge in esame prende il nome dal relatore del testo, il deputato dem Alessandro Zan. La versione originaria veniva presentata alla Camera il 4 luglio 2018 con esame in commissione iniziato nell’autunno 2019, e reca modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale.
Di cosa si tratta? Nel 2018, prima delle elezioni politiche, la maggioranza Pd-Ncd, cioè Renzi-Alfano (governo Gentiloni), con D. Lgs. 01/03/2018, n. 21, introdusse nel codice penale gli articoli 604 bis e ter. Il primo punisce la propaganda e l’istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, il secondo prevede le circostanze aggravanti. “Chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” è punito con una pena fino ad un anno e sei mesi di reclusione e seimila euro di multa, mentre chi “istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” è punito con una pena da sei mesi a quattro anni di carcere.
Il ddl Zan presentato il 4 luglio 2018 prevede tecnicamente l’estensione delle pene previste dagli articoli 604 bis e ter del codice penale anche alle discriminazioni per motivi “fondati sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”. Quello che verrà discusso oggi è un testo diverso, integrato, “unificato” e con maggiori elementi rispetto al testo di due anni fa, ma la base e la stessa.
Dal punto di vista giuridico l’aspetto peggiore di questo disegno è che mancano le definizioni delle nuove fattispecie criminose dell’omofobia e della transfobia. Manca insomma una definizione precisa della discriminazione introdotta. La controversa legge Mancino sulla discriminazione razziale faceva perlomeno riferimento alla Convenzione di New York del 1966, ma qui le condotte incriminate restano completamente nel vago. Cosa non si potrà più dire? Quali frasi o comportamenti costituiranno reato? Quando un giudice potrà dire se una parola o una frase siano espressione del libero pensiero e quando sono invece omofobe o transfobiche? Se una persona sostiene in pubblico che considera sbagliato acquistare bambini prodotti da uteri in affitto sta già discriminando la coppia omossessuale che lo ha comprato? Se la stessa persona è contraria all’ adozione alle coppie omosessuali e fa parte di una associazione si configura tutto questo come reato? Al momento non è dato sapersi. Come si distinguono le eventuali discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere? Quali sono gli elementi oggettivi e soggettivi delle nuove norme penali che integrano la fattispecie di reato? Manca infatti del tutto il requisito della tassatività della norma penale. Nulla poena sine lege, ok, ma quale lege? In cosa consistono esattamente questi nuovi reati? Nulla di questo è specificato nella proposta di legge.
Nonostante non siano specificati i comportamenti o le parole oggetto dei reati, il progetto di legge introduce pene molto pesanti. Oltre a quelle già previste dagli articoli 604 bis e ter del codice penale (che vengono appunto estese alle nuove fattispecie), il nuovo testo di legge prevede la sospensione della patente di guida, del passaporto e il non poter svolgere per almeno tre anni propaganda elettorale per le elezioni politiche e amministrative. Inoltre, si legge all’art. 1 comma 3 del nuovo testo che «il giudice può disporre l’obbligo di rientrare nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora entro un’ora determinata e di non uscirne prima di altra ora prefissata, per un periodo non superiore ad un anno». Agli spacciatori e agli assassini sono riservati trattamenti meno invasivi.
Non contenti, i giallo-rossi hanno addirittura previsto che, in caso di condanna, “la sospensione condizionale della pena può essere subordinata, se il condannato non si oppone, alla prestazione di un’attività non retribuita in favore della collettività per finalità sociali o di pubblica utilità”, una disposizione del tutto contraria alle norme generali di diritto penale vigente che prevede, in casi di condanna fino a due anni di reclusione e in caso di imputati incensurati, l’applicazione della sospensione condizionale della pena e della non menzione, senza che l’imputato sia costretto a cospargersi il capo. Subordinare la sospensione condizionale della pena allo svolgimento dei lavori di pubblica utilità equivale, tra l’altro, ad umiliare l’imputato ledendo i principi fondamentali del processo penale. Il progetto di legge, all’art. 8, prevede inoltre che i centri contro le discriminazioni offrano anche un’assistenza legale gratuita alle presunte vittime di reati. Per l’imputato giudicato innocente ci sono soldi per le sue spese legali? Ovviamente no, il suo avvocato se lo deve pagare da sé. Quindi lo Stato paga per le presunte vittime ma non per i presunti innocenti.
Las but not least: c’è chi sostiene che il disegno di legge non punisca la propaganda di atti discriminatori e violenti ma solo l’istigazione, quindi in tal caso le opinioni omofobe o transfobiche non costituirebbero reato. Non è così. L’art. 1 lettera c), prevede espressamente che all’art. 604 bis del codice penale venga inserita la «propaganda o istigazione a delinquere e atti discriminatori e violenti per motivi razziali, etnici, religiosi o fondati sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere». Insomma, anche l’espressione del pensiero costituirà reato. In un tempo in cui si sono già limitate molte libertà a causa del virus, si vuole ora limitare anche la libertà di espressione ponendo sullo stesso piano chi discrimina una persona per motivi razziali e chi semplicemente non accetta l’ideologia gender e ha il coraggio di dirlo pubblicamente.                                                                                                                      di Paolo Becchi e Giuseppe Palma