Una insegnante di Firenze l’aveva sdegnosamente definita “personaggio in cerca di visibilità”

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Davanti ai propri alunni. E il “personaggio” era lei, Liliana, 89 anni, deportata che da anni si fa il mazzo per mantenere viva la memoria.

Ma oggi, dopo quelle orrende parole, arriva la notizia: l’insegnante è stata sospesa. Dopo quell’insulto si erano mobilitati tutti. Studenti, famiglie, docenti (addirittura 78!). Tutta una comunità che non aveva accettato quell’offesa. E con la loro mobilitazione hanno ottenuto giustizia: “adesso posso informalmente invitare la collega a non presentarsi a scuola e le ho inviato una email in merito”, dice oggi il Preside.

In questa decisione non c’è però vendetta, no. Non siamo tifosi da stadio, noi.
C’è un principio di giustizia. Perché chi è preposto ad educare le generazioni del domani, ha una grande, enorme responsabilità. E insultare davanti a degli alunni una donna come Liliana Segre, con tutto ciò che rappresenta, con tutto il dolore che rappresenta, è stato insultare quella memoria. E’ stato negare quell’orrore che ha tatuato sul braccio. Quindi, per un insegnante, è stato fare la cosa peggiore del mondo: diseducare, non educare.

E questo no, non avremmo potuto permetterlo. Per questo la decisione è giusta. Perché la memoria si preserva. Non si insulta.

Leonardo Cecchi