UNA SPORTIVA DEVE AVERE IL DIRITTO DI ESSERE MAMMA

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Sentivamo ancora gli ultimi strascichi del buonismo dell’8 marzo, ma purtroppo la cronaca ci ha riportato subito con i piedi per terra, ricordandoci come le battaglie da vincere, per le donne, sono ancora tantissime, anche nel mondo dello sport.
La notizia che ha messo i riflettori su un tema SERISSIMO ha visto come protagoniste la pallavolista Lara Lugli e la società del Pordenone Volley, per la quale la schiacciatrice ha giocato nella stagione 2018/2019.
Lara, allora 38enne, a marzo del 2019 aveva comunicato alla società di essere incinta e, pertanto, di non poter concludere la stagione agonistica. Peccato che, a distanza di due anni, non solo stia ancora aspettando la mensilità di febbraio, che le è dovuta senza “se” e senza “ma”, ma ora si ritrovi anche di fronte a una richiesta di risarcimento danni da parte del Pordenone Volley perché, cito testualmente, Lara “al momento della firma del contratto ha taciuto l’intenzione di avere figli”.
Sinceramente non voglio addentrarmi nelle questioni legali della vicenda, che saranno dipanate nelle sedi opportune. Ma guardo oltre e sottolineo, una volta di più, quanto sia FONDAMENTALE che il percorso intrapreso dal nostro governo verso il riconoscimento del professionismo nello sport femminile trovi presto il suo completamento. Perché in attesa di un cambiamento culturale, il cui processo sarà, purtroppo, indubbiamente più lungo, è necessario che diritti e tutele siano SUBITO riconosciuti a TUTTE le atlete professioniste e semi-professioniste.
Non possiamo più permetterci che un’atleta non possa coniugare la propria carriera sportiva con il sogno di avere una famiglia!
Mi auguro vivamente che il clamore mediatico dietro a questa brutta vicenda funga da pungolo per cambiare veramente, e celermente, le cose.