Valente: Convenzione Istanbul rivoluzionaria compie 10 anni, Italia la attui

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Solo l’11 maggio del 2011 la violenza contro le donne ha smesso, nel mondo, di essere un fatto privato e familiare

Per diventare una ‘violazione dei diritti umani’, ‘una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi’, un fenomeno di ‘natura strutturale in quanto basata sul genere’, e ‘uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini’. La Convenzione di Istanbul, documento rivoluzionario, compie oggi 10 anni e in Italia è in gran parte ancora da attuare”.

Lo scrive sull’Huffingtonpost la senatrice del Pd Valeria Valente, presidente della Commissione femminicidio e violenza di genere. “Delle famose 4 P attraverso cui attuare i principi della Convenzione – prosegue Valente – cioè prevenzione, protezione e sostegno delle vittime, perseguimento dei colpevoli e politiche integrate, l’Italia ha attuato soprattutto la terza. Per quanto riguarda la protezione e il sostegno alle vittime, per esempio, c’è ancora molto da fare.

Ma il fronte su cui siamo più indietro è di sicuro quello della prevenzione, unito a quello della necessità di prevedere politiche integrate. La violenza contro le donne, dice la Convenzione, si combatte perseguendo la parità di genere, coltivando l’autonomia e l’autodeterminazione. Quindi sono due a mio avviso le chiavi di volta: il lavoro e la cultura. Sull’occupazione femminile molto ci aspettiamo dal Recovery Fund.

Serve poi una vera e propria rivoluzione culturale, la promozione di un nuovo e comune sentire, di un nuovo e condiviso modo di leggere la violenza maschile contro le donne. Un canale prezioso e insostituibile può e deve essere l’Università, principale agenzia educativa del nostro sistema. Una soluzione potrebbe essere quella di coinvolgere Crui e Anvur nel predisporre un sistema di valutazione che tenga conto di questo sforzo e dunque dell’inserimento nei diversi piani di studio della violenza maschile contro le donne e di come deve essere letta, affrontata e gestita. Sarebbe di sicuro un bel passo in avanti oltre che un prezioso segnale.

Per abbattere gli stereotipi e i pregiudizi, e arrivare a una democrazia davvero compiuta, serve soprattutto questo: una cultura diversa, davvero paritaria e rispettosa delle differenze.”