A difesa di Conte anche Di Battista: “Parlare coi talebani, il resto è ipocrisia”

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Ai talebani di essere riconosciuti importa poco o nulla.

Sono i vincitori della guerra in Afghanistan e, piaccia o non piaccia, se si vuole avere un minimo di influenza su una terra strategica o se, banalmente, si vuole dar seguito alle dichiarazioni contrite e mettere in piedi corridoi umanitari per migliaia di profughi, bisogna parlare con loro. Punto”. Lo scrive l’ex M5S Alessandro Di Battista, in un lungo editoriale pubblicato dal giornale online Tpi.it, a proposito della crisi afghana, che entra indirettamente anche sulle polemiche per le parole di Giuseppe Conte sul dialogo con i talebani. Il leader dei 5 stelle in realtà è stato criticato soprattutto per aver parlato di atteggiamento “distensivo” dei talebani.

“Oltretutto non sarebbe nulla di nuovo. Da anni ormai -spiega Di Battista- pezzi grossi dell’intelligence dei Paesi occidentali trattano con i talebani. Ci hanno trattato emissari di capi di Stato, dirigenti dei ministeri degli Esteri, Ong, persino direttori di imprese straniere”. Secondo Di Battista “chi è davvero interessato alle condizioni di vita degli afghani, martoriati da una guerra infinita, la cui maggior parte vive con meno di 2 dollari al giorno (i denari americani hanno corrotto l’establishment afghano, non hanno certo aiutato la popolazione), dovrà parlare con i talebani”.

Se si vorranno aprire strutture sanitarie -dice ancora- occorrerà parlare con i talebani. Se si volesse impedire che un Paese così importante si consegnasse ai cinesi come il fantasmagorico esercito afghano addestrato a suon di miliardi dei contribuenti Usa o europei si è consegnato ai talebani, beh, occorrerà trattare con loro”.

Anche Ettore Licheri, capogruppo M5s al Senato, difende Conte. Qualunque forma di interlocuzione e di pressione con il nuovo regime talebano è “doverosa, se servirà a salvare una vita umana in più. Di fronte a questo disastro umanitario trovo singolare che ci sia qualcuno che insegua la polemica politica dopo aver inneggiato al rinascimento arabo”, dice in un’intervista al Corriere della Sera. “Il ragionamento di Giuseppe Conte sulla necessità di un’apertura al dialogo era molto più articolato. Le armi hanno fallito, occorre sviluppare tutte le opzioni per creare e lasciare aperto un corridoio umanitario internazionale” spiega.
Dialogo e cautela “non sono affatto in contraddizione.

Siamo perfettamente consapevoli di avere davanti uno dei regimi più oscurantisti ed antidemocratici del pianeta – sottolinea – ma la creazione di via di fughe per i cittadini afgani che vogliono scappare da quell’inferno, e parlo delle autorizzazioni al decollo aereo, dei check di raccolta all’aeroporto, saranno possibili solo se con i talebani resterà in piedi una seppur minima interlocuzione. Altrimenti sarà un’ecatombe”