Alla Lazio si è visto l’Almeyda migliore

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Ero tra i più bassi, quindi ho allestito una palestra a casa per rinforzarmi, tiravo anche di boxe. Là mi sono fatto tatuare l’indio sul braccio: la mia bisnonna lo era. Andavo all’allenamento con i jeans a pezzi, a volte senza maglietta, con una striscia a legare i capelli lunghissimi: pensavano che fossi proprio un indio”.

Per anni Matias Almeyda ha combattuto con un brutto avversario. A “svegliarlo” ci ha pensato sua figlia grazie ad un disegno.

“La depressione è iniziata a Milano. Due infortuni, troppo tempo senza giocare. Pensavo e pensavo. Un giorno non sentivo più la mano, quello dopo avevo perso la sensibilità nella metà del corpo. All’Inter c’era una psicologa. Mi diagnosticò attacchi di panico e prescritto una cura, ma non le ho dato retta. Ho capito che dovevo fare qualcosa quando mia figlia mi ha disegnato come un leone triste e stanco. Da allora tutti i giorni prendo antidepressivi e ansiolitici. Le chiamo le pillole della bontà, mi fanno essere più buono”.

Una carriera spesa a dare tutto in campo per la maglia che indossava. In particolare per il suo grande amore, il Club Atlético River Plate. Ha pianto per la retrocessione in Serie B, è tornato nei panni di allenatore e lo ha riportato nella massima serie. Tutti ricordano il gesto fatto durante un Boca-River. Espulso per una rissa in campo, El Pelado uscì dal terreno di gioco della Bombonera baciando lo stemma del River sotto la curva calda del Boca, la “Doce”, scatenando l’ira dei tifosi avversari.

Tanti auguri Matias, l’indio dal cuore nobile!

Fonte: Gazzetta dello Sport    calcio totale facebook