E i 5 stelle pensano alla carta Liliana Segre al Quirinale

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A Fabiana Dadone è stato chiesto di rendere conto di quanto successo ieri. L’assemblea congiunta del Movimento 5 stelle aveva espresso un mandato chiaro in vista del Consiglio dei ministri di ieri: niente obbligo vaccinale, implementazione dello smart working.

Ci ha messo la faccia Giuseppe Conte, che davanti a deputati e senatori aveva promesso: “Incrementeremo la possibilità del lavoro a casa”. Risultato: via all’obbligo vaccinale per gli over 50, nessuna nuova norma sullo smart working. Non esattamente una vittoria, nonostante il capo politico del Movimento 5 stelle fino all’ultimo ha provato a non uscirne con una debacle, chiamando Mario Draghi all’ultimo minuto prima del Cdm per un confronto che non ha dato gli esiti sperati.

I gruppi ribollono. In assenza di Stefano Patuanelli, il capo delegazione che ieri non ha partecipato alla girandola di incontri, ecco che tocca alla ministra per la Gioventù il ruolo di parafulmine dell’ennesima battaglia persa: “Ci deve dire perché il mandato è stato disatteso, che cosa è successo in cabina di regia”, dice un influente deputato. Proprio Conte, che aveva fiutato l’intenzione di Draghi di procedere comunque sull’obbligo, aveva lanciato il rafforzamento del lavoro a casa come zuccherino per bilanciare il boccone amaro, ma “ha spinto tantissimo ma al solito non è cambiato nulla”, si scrivono i parlamentari in una delle tante chat-sfogatoio, chiedendo che si faccia al più presto una riunione con Dadone per capire cosa sia successo.

È la cartina di tornasole per fotografare il partito di maggioranza relativa a nemmeno venti giorni dall’elezione del presidente della Repubblica. Una partita dalla quale i gruppi parlamentari si sentono tagliati fuori.