Draghi non fa più Draghi e subisce la mediazione

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Secondo l’antico adagio che “piuttosto che niente” è meglio “piuttosto”, le norme varate con grande fatica dal consiglio dei ministri sono comunque un passo in avanti nella direzione di restringere il campo dei non vaccinati, complicando non poco la vita, gli spazi di socialità e di benessere per chi il vaccino non ce l’ha.

E per la prima volta viene sdoganato l’obbligo: varca la soglia dei luoghi del lavoro, sia pur per gli “over 50”, misura tutt’altro che indolore anche a livello simbolico, ma per questa fascia d’età vale anche in assoluto. Insomma, nel confronto con gli altri paesi europei la legislazione italiana resta tra le più severe e rigorose. Però, al tempo stesso, rappresentano un passo indietro rispetto alle intenzioni di Mario Draghi che, solo una settimana fa di fronte al cedimento verso una parte della sua maggioranza, aveva manifestato la ferma intenzione di estendere il Super Green pass all’intero mondo del lavoro, senza distinzioni tra pubblico e privato, under e over.

In spiffero, veritas. “Non è un compromesso politico” viene fatto filtrare alle agenzie da palazzo Chigi nel pomeriggio. Parole che suonano come la classica excusatio non petita, in cui c’è l’essenza dell’accaduto, in un pomeriggio segnato da classico tira e molla da litigioso governo di coalizione, tra una cabina di regia slittata al primo pomeriggio e un consiglio dei ministri protrattosi quasi al limite della famosa “ora Conte”. Quella del favor delle tenebre e del disordine istituzionale.

E cioè un compromesso tra chi chiedeva l’obbligo per tutti (il Pd), chi per nessuno (i Cinque stelle), chi per gli over 40 (Brunetta), chi per gli over 60 (la Lega). Che, davanti alla minaccia di non votare il provvedimento, riesce pure a far togliere la norma che rende obbligatorio il super Green pass per chi deve andare in banca o alle poste, all’estetista o al parrucchiere o al centro commerciale.