Elsa Fornero e la tv del dolore

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La professoressa Elsa Fornero è stata nominata consulente di Palazzo Chigi, ma non l’avremmo vista male nemmeno al ministero dell’Ospitata televisiva, se mai si deciderà di istituirne uno.

Non si tratta infatti di un vero ripescaggio; da quando è divenuta celebre grazie alla sua riforma delle pensioni, Fornero ha continuato a frequentare i talk da indefessa presenzialista con quell’aria signorile da Madame de Sévigné, quel tratto sabaudo dove è vano voler distinguere il pudore dall’ipocrisia.

Non solo. La professoressa vanta un primato personale, il primato delle lacrime più trasmesse e ritrasmesse in televisione, più o meno come i gol di Maradona. Da quando è esplosa la tv del dolore – ma anche quella della felicità, da Alberto Castagna a Maria De Filippi– le lacrime sono diventate la prima criptovaluta dell’etere. Di solito si tratta di lacrime umili, ignoti protagonisti di drammi privati pagati un tanto a secrezione, oppure Vip alla canna del gas disposti a raccontare le proprie sfighe pur di tornare sotto i riflettori (è la specializzazione di Barbara D’Urso).

Ma nel 2012 il pianto in diretta della professoressa Fornero fu un colpo di scena. A singhiozzare era un ministro, altro che vip di serie B. Anche la casta piange, sebbene di un pianto sui generis, perché la ministra non piangeva per sé, ma per quegli esodati che lei stessa aveva appena messo sul lastrico. Un po’ come se Berlusconi avesse pianto per Biagi, Santoro e Luttazzi subito dopo l’editto bulgaro.

Insomma, anche dal punto di vista mediatico Fornero era una riformatrice, e tale è rimasta. Creati dal nulla gli esodati, si è ben guardata dall’esodare se stessa; anzi, non ha mai smesso di apparire in eleganti collegamenti esterni. Apparente paradosso, e invece epitome di una profonda verità: l’Italia si divide tra i molti che avrebbero bisogno di lavorare ma non ci riescono, come gli esodati, e i pochi che potrebbero andare in pensione ma non ci vanno nemmeno sotto tortura, come Elsa Fornero.

di Nanni Delbecchi