Enrico Zanetti: “Confisca e manette? Delirante trattare tutti come fossero mafiosi”

0
64

«Nella stanza dei bottoni c’è gente che non prova a risolvere i problemi ma a crearne di nuovi dimostrando di essere fuori dal mondo e il caso della confisca lo dimostra». Enrico Zanetti, ex viceministro dell’Economia nel governo Renzi e oggi socio del centro studi tributari Eutekne, non usa mezzi termini per commentare le nuove norme contenute nel decreto fiscale che introduce anche la confisca per sproporzione, sinora prevista contro la mafia.

Rispetto alle intenzioni dei grillini la misura patrimoniale è stata ridimensionata, ma «il fatto che ci sia una forza di maggioranza che è anche il primo partito che ha provato a fare una cosa del genere impone a tutte le persone che sanno che non tutte le evasioni sono uguali, di tenere altissima la guardia finchè loro sono al governo».

Poteva andare peggio?
«Assolutamente sì. Così come era stata inizialmente scritta era una follia delirante perché si voleva applicare la norma anche al reato di dichiarazione infedele che nel nostro Paese può anche essere figlio di complesse vicende giuridiche. Paragonare chi vi è incappato a un mafioso vuol dire essere fuori dalla grazia di Dio. Quel testo, che era tanto caro al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, in sede di conversione è stato per fortuna temperato da Italia Viva».

In che modo?
«La confisca per sproporzione si applicherà solo ai condannati per reati di frode mediante fatture false con elementi fittizi superiori ai 200mila euro, ai condannati per reati di frode mediante altri artifici quando l’imposta evasa supera i 100mila euro e ai condannati per reati di sottrazione fraudolenta dal pagamento di imposte quando l’ammontare di imposte, sanzioni e interessi al cui pagamento ci si è sottratti supera i 200mila euro. Si tratta di fattispecie molto virulente. Per incappare nella violazione devi essere uno che ha fatto fatture false, castelli societari e scatole cinesi. Ma l’indignazione suscitata dalla norma è legittima per come è stata presentata e per come è stata impostata. Il lavoro fatto in sede di conversione ha evitato il peggio, ma è un continuo dover arginare le tendenze manettare, arginare i disastri. In ambito tributario posso dire che questo è un caso sintomatico, chi pensava di applicare le stesse regole sulle confische per la criminalità organizzata anche alle dichiarazioni infedeli non sa di cosa sta parlando. Chi si sta assumendo la disponibilità di tenerli nella stanza dei bottoni deve tenere alta la guardia e così pure opposizioni parlamentari e opinione pubblica. Il problema è che l’azione del governo è frenata proprio dal fatto che una delle sue componenti va tenuta sotto controllo costante».

Si tratta del solito trucco da Prima Repubblica quando le Finanziarie trovavano la quadra con l’inevitabile voce “lotta all’evasione”?
«Non sempre misure antievasione e cifrature di gettito vanno a braccetto. Anzi, le norme antievasione vere non sono quelle che possono essere cifrate. La cifratura del gettito va a restringere i diritti dei contribuenti, limitando ad esempio le compensazioni o introducendo nuovi, astrusi, adempimenti che aumenteranno il peso della burocrazia».

Con il via libera al dl fiscale si è approvato anche il carcere per gli evasori, bandiera sempre del MSS.
«Il carcere per i grandi evasori è già da molto tempo parte integrante del nostro ordinamento giuridico. Con la riforma del 2000, il decreto legislativo numero 74 prevede pene da 1,5 a 6 anni di reclusione per frode fiscale e da uno a tre anni per dichiarazione infedele non fraudolenta, oltre a sanzioni pecuniarie salatissime che vanno dal 135 al 270% per la frode fiscale e dal 90 al 180% per la “semplice” dichiarazione infedele. Il punto è che non si può creare un sistema dove chi evade è punito penalmente più di chi va a rubare nelle case della gente».