Giù le mani da Nilde Iotti

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Ma davvero Luigi Di Maio pensa di essere furbo utilizzando il nome di Nilde Iotti per fare propaganda al “Sì” nel prossimo referendum costituzionale?

Siamo seri, suvvia: nessuno, sano di mente, potrebbe immaginare un accostamento più improbabile tra lo stile istituzionale della prima donna Presidente della Camera, partigiana e comunista, e l’attuale Ministro degli Esteri. Che brinda con lo spumante dal balcone di Palazzo Chigi perché “abbiamo abolito la povertà”; che taglia con le forbici gli striscioni con le “poltrone”, riferendosi ai parlamentari; che tuona tutti i giorni sui “costi della politica” e poi –si scopre in queste ore- ha al suo Ministero lo staff più costoso che ci sia mai stato.

Nilde Iotti ha detto che si poteva ragionare sul taglio del numero dei parlamentari? Certo che lo ha detto: all’interno di un lungo pensiero –articolato in anni e anni di studi, dibattiti, approfondimenti- su come rendere sempre più forti tutte le rappresentanze democratiche: il Parlamento, le Regioni, le Province, i Comuni. All’interno di un ragionamento e di una esplicita visione politica, soprattutto, che voleva che ci fossero più e non meno rappresentanti eletti democraticamente dal popolo.

E forse Di Maio si sente davvero furbo, ad estrapolare dal contesto una frase di Nilde Iotti per “arruolarla” d’imperio dalla sua parte: pensando così di mettere in imbarazzo chi sostiene le ragioni del “No” e magari sperando di strizzare l’occhio ad un popolo della sinistra –ancora disperso per troppe galassie. Una mossa un po’ alla Salvini, diciamolo, quando rivendicò a sé i valori di Enrico Berlinguer; o alla Belpietro, che fece per un giorno il direttore dell’Unità: trucchetti, provocazioni, mezzucci di chi comincia ad essere molto nervoso.

Nervoso, già: perché quello che a Di Maio sembrava il referendum più facile nella storia d’Italia –sul quale ha scommesso tutte le sue carte di sopravvivenza politica- di ora in ora appare sempre meno come una partita che ha già vinto in partenza. Le ragioni del “No” crescono, vengono comprese e si diffondono: sempre meno italiani sono convinti che si possa toccare la Costituzione con tanta superficialità, sempre più cittadini capiscono che avere meno rappresentanti riduce la libertà di scelta, sempre più forze politiche e sociali si impegnano a spiegare che non ci sarà alcun risparmio, l’impianto istituzionale ne uscirà più confuso e -soprattutto- la democrazia sarà un po’ più debole.

E mentre le ragioni del “No” conquistano sempre più consensi, ecco allora le reazioni scomposte: come la pretesa di arruolare Nilde Iotti in un “fronte” populista dal quale tutto lo avrebbe tenuto lontana. Tutto: a partire dall’intelligente eleganza nei modi e nel linguaggio. Nilde Iotti, la cui idea sul Parlamento –con buona pace di chi vorrebbe sostituirlo con piattaforme online- resterà sempre questa: “Nel sistema democratico voluto dalla Costituzione il Parlamento, e solo il Parlamento, è l’espressione della volontà popolare. La nostra Costituzione non ammette che il Paese sia privo neanche solo per un giorno di un Parlamento dotato dei suoi poteri”. Perché, secondo Nilde Iotti, il Parlamento non era affatto una scatoletta di tonno.

Fortebraccio News