Il Pride è la prima manifestazione in assoluto a cui ho preso parte

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È arrivato prima dei cortei scolastici, prima del mio impegno, della tessera di partito, della politica vissuta in prima linea. Potrei dire che è arrivato ancora prima di una coscienza politica. Prima ancora che capissi qualcosa di rivendicazioni, dei Moti di Stonewall, di femminismi e lotta alle oppressioni.

Frequentavo un liceo super conservatore e non ne sapevo nulla, non sapevo neanche se gli etero potessero partecipare, non sapevo neanche se “avevo tanti amici gay” perché non me n’è mai importato nulla di conoscere l’orientamento sessuale di chicchessia. Sono andata al Pride perché la sentivo un’esigenza. Perché quello era il mio posto. Anche il mio posto.

Perché era un mondo giusto in cui mi riconoscevo.Perché ammiravo quell’esagerazione, quello spingersi oltre i limiti per urlare al mondo la pretesa e il diritto di essere se stessi e che è giusto così.

Per la mia esperienza Pride è sinonimo di libertà. Libertà di essere quello che si è o che si vuole essere ogni giorno della vita o anche per un’ora soltanto. Libertà di camminare al centro della città baciando e tenendo per mano la persona che si ama.

Libertà da stereotipi e da caselline.

Libertà dai giudizi, dalle aspettative, dagli “sguardi dietro agli scuri”.

Le parole che accompagnano il ricordo del mio primo Pride sono colore, felicità, libertà. Poi crescendo è arrivato l’impegno e la consapevolezza dell’importanza di quel momento. E a quel primo Pride ne sono seguiti tanti altri, da sola, con gli amici, con i miei bambini .E quell’orgoglio mi è entrato nelle vene. Quelle rivendicazioni sono diventate le mie, quelle battaglie di uguaglianza e di lotta alle discriminazioni sono uno dei principali motivi per cui mi alzo la mattina.

E oggi, che più che mai è necessario costruire forti argini contro l’odio e ogni forma di oppressione, sono grata a chi, in ogni angolo del mondo, trascorre mesi a lavorare a una manifestazione che ci ricorda tra sorrisi e colori, qualcosa di dannatamente serio. Che si muore per il solo fatto di essere se stessi. Che si subiscono violenze e oppressioni. Che le disuguaglianze sono ancora il principale ostacolo da affrontare e superare. E che ci riguarda tutte e tutti. Perché la lotta contro ogni forma di violenza e la costruzione di un mondo senza discriminazioni e soprusi, dipende dall’impegno che ciascuno di noi è disposto a metterci. Estendere i diritti non toglie niente a nessuno, ma rende il mondo più giusto per tutte e tutti.

E questo mese, più di ogni altro, ci ricorda che c’è un mondo arcobaleno da desiderare, costruire e da opporre al buio delle menti e al nero dell’odio.

Beatrice Brignone