Israele torna in lockdown

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Ed è il primo paese a farlo per la seconda volta, a pochi giorni dal Capodanno ebraico e dal Yom Kippur. Nuova chiusura che bloccherà di nuovo il paese 21 giorni, a partire da questo venerdi, 18 settembre. Tre settimane che sarebbero state di festeggiamenti, pranzi e assembramenti, in quello che ad oggi è il primo Paese al mondo per numero di nuovi contagi ogni milione di abitanti, con circa 4000 positivi al giorno. Le conseguenze sull’economia israeliana potrebbero essere devastanti.
La decisione di Netanyahu ha creato una nuova spaccatura del Governo israeliano, già in litigio su tutto e che non si è mai potuto definire veramente stabile sin dalla sua composizione.
Proprio in questi giorni a presentare le dimissioni è stato il ministro dell’Edilizia Yakov Litzman, esponente di uno dei partiti religiosi che formano la coalizione di governo, contrario al lockdown durante il periodo delle festività e più favorevole alla sua applicazione durante lo scorso mese di agosto. Litzman non è il solo ad essere molto scettico: il ministero del Tesoro, insieme a quelli della Scienza, Turismo, Economica e Welfare, stima che questa nuova chiusura totale potrebbe implicare perdite di 1,2 miliardi di euro a settimana.
I pareri politici sono quindi molto contrastanti, così come lo sono anche quelli medici.

E tutto questo accade mentre in queste settimane migliaia di cittadini israeliani sono scesi in piazza per protestare duramente contro Netanyahu ed il governo attuale, ma soprattutto mentre ci si prepara alla firma, martedì mattina a Washington, della firma del patto di normalizzazione dei rapporti con gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein, un patto tanto elogiato sul fronte israelo-americano, ma che ha ugualmente mostrato che non vi è interesse a passi concreti in avanti verso una vera pace, ma piuttosto per legittimare le proprie azioni e rafforzare il proprio consenso elettorale.

Insomma, un momento di forte tensione per un Paese che forse non si aspettava di dover gestire questa doppia crisi, sanitaria e politica. O forse si, dato che per Bibi “siamo alla soglia di una nuova era”.

Yana Ehm