La pelle dell’URSS dalla perestrojka al golpe d’agosto

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La pelle dell’URSS dalla perestrojka al golpe d’agosto

di Romano Lupi

256 pagine illustrate, 18 euro
In uscita il 29 Luglio 2021.
Collana Odoya Library

Il 18 agosto di trent’ anni fa, mentre era in vacanza nella sua dača estiva in Crimea, Gorbačëv fu minacciosamente avvicinato da una delegazione del sedicente Comitato per lo stato di emergenza del Paese (GKCP) nelle persone di Oleg Baklanov, Valerij Boldin, Oleg Šenin e Valentin Varennikov. I telefoni erano già stati staccati, i cospiratori chiedevano che tramettesse i poteri al suo vice Janaev.
Il golpe era volto a ristabilire la potenza sovietica, promuoveva la reversibilità del processo democratico. Il salvatore della patria ne risultò Boris El’cin che senza troppi problemi (alcolismo a parte) si recò alla “Casa Bianca” (così veniva chiamata la sede del Soviet  Supremo) dichiarando che qualsiasi provvedimento del Comitato golpista non sarebbe stato effettivo. “La leggenda narra che El’cin sbaragliò i golpisti da solo. Balle. Il merito va a quei  cinquecento  deputati che trasformarono la Casa bianca nel centro della Resistenza.”
Il declino di “Gorby” era però segnato e con il suo il definitivo tracollo dell’URSS.
Il crollo fu un processo complesso, ma rettilineo, iniziato con la scomparsa di Bréžnev e la nomina  di Michail Gorbačëv a capo del PCUS. Che la discesa  fosse già iniziata e la situazione compromessa lo dimostra l’approccio di quest’ultimo che con le parole d’ordine “demokratizacija perestrojka, glasnost’e uskorenie” tentava l’intentato per cambiare pelle alla superpotenza comunista.
Avrebbe potuto funzionare una politica che inneggiava alla sicurezza personale, miglioramento delle condizioni di vita e libertà politica, alla trasparenza, anticorruzione e sobrietà nel Moloch sovietico?
Questo libro ripercorre, come in una partita a jenga, lo sfilarsi delle basi della potenza sovietica: la caduta di Ceaușescu, esautorato e brutalmente giustiziato forse perché diventato scomodo proprio agli intenti di rinnovamento, l'”Anschluss” della DDR e all’affaire Treuhandanstalt, le tensioni tra azeri e armeni del Nagorno Karabakh (non ancora del tutto pacificato), l’ “abbandono” di Cuba e il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, mentre i Paesi baltici organizzavano la propria agognata indipendenza…
Stalin ereditò un paese alla sfascio per lasciarlo, alla sua morte, vincitore della Seconda Guerra Mondiale e potenza industriale; sotto Chruščëv l’URSS raggiunse il suo apice nella corsa allo spazio, dimostrandosi, in quel frangente, di gran lunga superiore agli USA; Brežnev migliorò le condizioni di vita della popolazione e stabilì la parità strategica. L’uomo della perestrokjka, da noi amatissimo, consorte compresa, fu invece responsabile di uno storico fallimento anche agli occhi di coloro che ne salvano le intenzioni.

Romano Lupi, laureato in Filosofia, Storia e DAMS, è giornalista pubblicista dal 2005. Direttore del Mellophonium, periodico del Centro di studi musicali “Stan Kenton” di Sanremo. In relazione alla cultura sovietica, ha scritto, con Mario Alessandro Curletto, Futbolstrojka. Il calcio sovietico negli anni della perestrojka (2015), Šostakovič. Note sul calcio (2018), Jašin. Vita di un portiere (2020). A sua sola firma è uscito: Il portiere di Astrachan’. Voli e cadute di Rinat Dasaev (2019). Per Odoya ha già pubblicato Vittò. Giuseppe Vittorio Guglielmo (2016) e, assieme a Riccardo Mandelli, Il libro nero del Festival di Sanremo (2016).