La verità sul Mose di Venezia: per anni ci hanno mangiato sopra!

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I cittadini veneziani e con loro tutta Italia, aspettano il Mose dal 2011. Oggi quel cantiere, a otto anni di distanza dalla possibile inaugurazione, rappresenta il più grande scandalo di mazzette e tangenti in cui la classe politica di centro destra è coinvolta.

Alla faccia di chi non blocca i cantieri! Dirigenti e imprenditori, tutti insieme, si sono resi protagonisti di un sistema in cui venivano spartite senza ritegno tangenti e fatture false. Un’organizzazione strutturata e in parte rimasta impunita. Nel 2014, infatti, su 100 indagati si sono registrati soltanto 35 arresti. Due le persone a capo di questo enorme scandalo di corruttela: Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico per le opere di salvaguardia della Laguna dalle acque alte, e Giancarlo Galan, la parte politica, il Doge, governatore di Venezia per moltissimi anni.

Il primo, che dal lontanissimo 1983 ne aveva combinate di tutti i colori, ha patteggiato, riuscendo a ottenere addirittura 7 milioni di euro di liquidazione quando uscì dal Consorzio. Anche Galan è riuscito a patteggiare, ammettendo atti di corruttela per milioni e milioni di euro. Soldi spostati all’estero, prestanome e molti altri illeciti, uno sperpero totale di soldi pubblici avvenuto a spese dei cittadini che gli è costato solo 78 giorni di carcere.

Non dobbiamo dimenticare che Galan, oltre ad aver ricoperto diverse volte il ruolo di ministro nel Governo Berlusconi, ha amministrato la Regione Veneto insieme alla Lega. Per non accorgersi dei milioni di euro in tangenti e delle fatture false bisognava proprio avere gli occhi bendati!

Da ministro mi sono occupato personalmente del dossier Mose. Ho voluto inserire nel Decreto Sblocca Cantieri una norma specifica che includeva tre concetti:

la nomina di un Commissario straordinario che portasse a completamento l’opera, in quanto al Ministero nessuno sembrava in grado di dirci quando sarebbe potuta essere ultimata.
gestione del post collaudo
sblocco dei Fondi congelati da 2 anni e destinati ai comuni della laguna: 25 milioni di euro per l’anno 2018 e 40 milioni di euro dal 2019 al 2024.

Eravamo praticamente arrivati alla chiusura del Decreto Sblocca cantieri approvato a giugno. Il decreto attuativo che prevedeva la nomina del commissario straordinario, era pronto, prima che Salvini dalle spiagge del Papeete, decidesse di far cadere il Governo. Alla luce di quanto avvenuto spero vivamente che l’attuale capo del dicastero delle infrastrutture e dei trasporti, la ministra De Micheli, a due mesi dalla sua investitura, sia pronta a emanare questo decreto e a tirare finalmente le fila della questione, come nessuno prima d’ora.

C’è però un secondo tema politico da affrontare.

Il Mose potrebbe essere definito un cantiere infinito, e chi ci ritagliava sopra decine di milioni di soldi pubblici grazie alle mazzette, lo sa bene. Sono gli stessi tecnici a sostenere che anche dopo il collaudo, l’opera necessiti di una costante e continuativa manutenzione per essere utilizzabile: tra gli 80 e i 100 milioni di euro all’anno. Quindi non è possibile collaudare l’opera senza che vi sia una struttura che poi la gestisca, assumendosi la responsabilità nei successivi decenni. La prima formulazione dell’emendamento inserito nel Decreto Sblocca Cantieri prevedeva, a questo scopo, la creazione di un soggetto pubblico che coinvolgesse sia il Ministero sia gli enti locali: Regione, Città metropolitana di Venezia e tutti quelli a cui spetterebbe la gestione dopo il collaudo.

Questa norma ha scatenato l’inferno. Ci hanno accusato di aver messo una tassa ai veneziani, perché secondo le regole generali del diritto societario, tutti i componenti di un soggetto pubblico sono obbligati a pagarne le spese. La Regione Veneto ha perciò redatto un nuovo documento in cui si chiariva che le spese del suddetto ente dovevano essere tutte integralmente a carico dello Stato. Un documento che avevo approvato ma a cui non è mai stata data attuazione perché, alla resa dei conti in Parlamento, il viceministro di allora Massimo Gravaglia, si oppose alla realizzazione di un soggetto pubblico per la gestione del Mose.

A meno che non si voglia affidare il Mose, un’opera così rilevante sul piano nazionale e costosa, a una multinazionale (e non sarebbe affatto una buona idea), invito la ministra a costituire prima possibile questo soggetto pubblico necessario. Non lasciamo che il Mose resti l’eterna incompiuta ma, soprattutto, facciamo in modo che funzioni!