Dopo aver messo in riga i pochi giornalisti accreditati, escludendo dalle domande il tema fondamentale di chi governerà il Paese in mezzo alla pandemia, ai tiepidi tentativi di girare attorno a tale pretesa, il premier se l’è cavata con “Su questo non rispondo”. Berlusconi gli toglie la fiducia se gli sfila la poltrona del Quirinale? “Parlo solo della parte di domanda che è accettabile”, cioè di niente. Quali partiti hanno sostenuto le misure (disastrose) su scuola e pandemia? “Lascio la parola al ministro Speranza”.
Ora è chiaro che a Draghi delle sorti del Paese, del Pnrr e dei morti per il Covid frega meno di zero di fronte al suo traguardo in cima al Colle, ma una tale mancanza di trasparenza e di rispetto dei cittadini si commenta da sé. Questo uomo dell’establishment internazionale, osannato dai servi dei giornali ancora più servi di ogni tipo di poteri, al Quirinale finirebbe l’opera cominciata quando era giovane dirigente del Ministero dell’Economia, da dove governò le privatizzazioni criminali degli anni ’90, di cui basterà ricordare la fine di Telecom prima agli Agnelli e poi a Colaninno, e il regalo col fiocco delle autostrade ai Benetton.
Certo, con gli italiani presi da ben altro, tra virus e valanghe di rincari, dai giochi di Palazzo possono uscire i personaggi più spudorati e impresentabili, ma se a Capo dello Stato finirà uno qualunque di questi due, Mario o Silvio pari sono, l’ipoteca che ci troveremo addosso la pagheremo cara. E chissà per quanti anni.
Gaetano Pedullà