Ambientata in un Sud luminoso e assolato, “Molto rumore per nulla” è tra le più fortunate e rappresentate commedie di Shakespeare, una favola sempre attuale in cui la parola è protagonista assoluta del palco. Il genio di Shakespeare si esprime in battute vivaci e taglienti, bisticci verbali e schermaglie argute e feroci, a eterna riprova che la parola può più della spada. Le parole sono usate per innamorarsi e per far innamorare chi dall’amore sembra voler fuggire, per punzecchiarsi, tradirsi, ingannare, come parodia del linguaggio dei nobili e forse dello stesso gergo teatrale. E proprio dalle parole nasce quel “nothing” apparentemente inoffensivo per cui si crea il molto rumore.
La rilettura in scena al Silvano Toti Globe Theatre, a cura della regista Loredana Scaramella e con una compagnia nata dagli incontri favoriti nelle passate stagioni del teatro romano, ne risalta i pregi, spostando l’ambientazione dalla Sicilia alle soleggiate atmosfere del Salento. Un gruppo di soldati torna dalla guerra e invade lo spazio delle donne, una casa ospitale, piena di feste e di balli. Finite le battaglie, la commedia racconta quello che sta nel mezzo, dopo la guerra e prima della pace. Questo inter-regno è il tempo della parola, in grado di collegare mondi distinti: maschile e femminile, giovinezza ed età adulta, ricerca di identità e assunzione di identità.
Benedetto e Beatrice, campioni dei rispettivi schieramenti, difendono strenuamente e con sfoggio di battute ironiche le loro autonome identità. Sono paralizzati da una paura che li rende comici: l’abbandonarsi alle emozioni potrebbe precipitarli su un terreno instabile che azzera ogni sistema di sicurezza e apre le porte a una dimensione sconosciuta e incontrollabile. Quando però le parole di Beatrice sono rese vane dalla menzogna dei malvagi e il suo senso di giustizia non trova mezzi per farsi valere, Benedetto diventa necessario, la sua virilità un valore. Solo un uomo può impugnare la spada per difendere la giustizia, ma la strada gliela insegna una donna che lo separa dal branco.
Nulla realmente cambia: i malvagi rimangono tali, chi oggi si ama si amava già ma con una coscienza diversa. In questo processo di svelamento e metamorfosi, tutti ci ritroviamo complici del tentativo di mettere a nudo i meccanismi del cambiamento e tutti siamo chiamati a spiare e valutare i rischi e l’eventuale bellezza dell’incontro con l’altro.