Natura ed ambiente, elementi “magici” e spettacolari a San Fruttuoso

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PORTOFINO – La spettacolare ed affascinante baia prospiciente l’abbazia di San Fruttuoso di Capodimonte si presenta a noi come una perla in una profonda insenatura tra Camogli e il Monte di Portofino; raggiungibile solo a piedi o dal mare, ospita un intrigante complesso di edifici risalenti all’anno Mille, intorno ai quali si sviluppano una spiaggetta, la Torre dei Doria, poche casette di pescatori che si specchiano nel blu smeraldo del mare e, soprattutto, un angolo di natura protetto ed affascinante che riflette le variegate sfumature dei pini del bosco sovrastante

Il piccolo borgo di San Fruttuoso è immerso infatti nel Parco Naturale Regionale di Portofino, che è costituito dall’omonimo Promontorio e da 3 comuni: Camogli (con i borghi di San Rocco, San Nicolò e San Fruttuoso), Portofino e Santa Margherita Ligure (con i nuclei di Paraggi e Nozarego).

La leggenda narra che il Vescovo Fruttuoso, morto sul rogo insieme ai diaconi Eulogio e Augurio, apparve in sogno a cinque monaci e indicò loro il sito posto sulla costa ligure in cui dovevano essere sepolti i suoi resti. Il luogo in questione era riconoscibile per tre segni: un drago feroce, una caverna e una limpida fonte di acqua. I monaci, guidati da un angelo, arrivarono sugli scogli di Capodimonte, dove trovarono il drago, che fu affrontato e annientato dall’angelo, e gli altri due segni.

La leggenda prende spunto da vicende realmente accadute: vero è Fruttuoso, vescovo di Tarragona, che nel 259 fu arrestato e condannato insieme ai suoi due diaconi, durante le persecuzioni di Valeriano e Gallieno. Vera è la sorgente annunciata nel sogno dal vescovo, conosciuta e segnalata su tutte le carte dei naviganti, perché prezioso punto di rifornimento. E vera è anche la “fama” del drago, leggenda diffusa tra i marinai forse per allontanare i possibili contendenti che qui volevano rifornirsi di acqua.

Poco dopo il 711 la prima comunità religiosa si insediò a San Fruttuoso, quando il vescovo Prospero di Tarragona (Catalogna, Spagna) lasciò la sua diocesi portandosi dietro le ceneri del santo martire, e con alcuni preti e diaconi sbarcò prima in Sardegna e poi in questa piccola e semi nascosta insenatura.

Fu eretta la chiesa con annesso monastero, ma i danni arrecati dalle incursioni saracene nel X sec. costrinsero a rifare tutti gli edifici. Nel 984 vi si installò una Abbazia Benedettina che si sviluppò rapidamente grazie ai larghi benefici concessi dall’imperatrice Adelaide vedova di Ottone I. Nel XIII sec. raggiunse il massimo splendore e fu protetta dai Doria che, dal 1275 al 1305, vi posero le tombe di famiglia mentre a Genova si stava costruendo lo loro chiesa di San Matteo. Nel Quattrocento cominciò la decadenza, soprattutto a causa dei saraceni, e nel 1550 l’abbazia fu concessa in giuspatronato alla famiglia Doria che dopo il 1680 ne divenne proprietaria.

L’impianto claustrale è costituito da una chiesa, un piccolo chiostro ed un lungo edificio abbaziale aggiunto verso il mare tra il Due e il Trecento; restaurato nella facciata nel 1933/34, si eleva su due piani di ampie trifore disposte a distanze diverse. La chiesa è a tre navate divise da alti archi che poggiano su pilastri cruciformi a semi colonne addossate, in un vano alterato a causa di un’alluvione. La nuova facciata ha dovuto essere costruita 5 m più indietro rispetto a quella originale. L’alta cupola, racchiusa all’esterno dal prisma ottagonale della torre nolare (termine utilizzato in architettura per indicare una torre campanaria o campanile), presenta raccordi e pennacchi sferici di tipo bizantino. Sull’altare di sinistra pala di G. Palmieri (Genova 1674-1740). All’esterno, immerso nel verde, spicca un torrione fatto costruire dai Doria nel 1550.

Il 26 settembre 1915 un nubifragio modificò profondamente la località. Chiesa e case furono fortemente danneggiate; terra e fango trasportati dal torrente formarono la spiaggetta, ampia e sassosa di oggi (prima le acque lambivano il monastero).

Il 29 agosto 1954 per iniziativa del famoso sub Duilio Marcante, nelle acque della baia fu immersa una statua in bronzo di Guido Galletti, raffigurante Gesù Benedicente; d’allora ogni anno si celebra la festa del Cristo degli Abissi con una fiaccolata in terra ed in mare.

L’intero complesso di San Fruttuoso è oggi di proprietà del FAI che lo gestisce.

(www.fondoambiente.it)

Franco Cortese  Notizie in un click