Ogni tre giorni e mezzo in Italia viene uccisa una donna

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Una carneficina che è stata addirittura aggravata dal lockdown. Lo dicono i numeri. Sono numeri choc. Dall’inizio dell’anno già 62 vittime, aumentate del 15% rispetto al 2019.

Leggo questi numeri e penso a tutte quelle donne che hanno paura di denunciare. Sono tantissime. A loro dico: non abbiate paura. Un appello che voglio fare, partendo dalla storia di Maria, mamma di un bimbo di 5 anni. Una storia di maltrattamenti che si interrompe perché trova il coraggio della denuncia. Il suo ex marito viene arrestato e condannato a 10 anni e 3 mesi di reclusione.

Maria ha scritto a gennaio una lettera bellissima ai poliziotti per ringraziarli dell’aiuto che le hanno dato. La lettera è stata resa nota ieri dalla Polizia ed è un messaggio di speranza che rivolgiamo a tutte voi.

«Alcuni di voi mi conoscono, altri forse no. Io sono una delle tante che la violenza l’ha vissuta. Una delle ancora poche che l’ha denunciata. Perché denunciare non è facile. Per la paura, la vergogna, perché «le donne denunciano ma nessuno le protegge», perché «tanto lui si fa due anni e quando esce la ammazza». Sapete una cosa? Quelle frasi lì, quei pensieri lì erano anche i miei. Lo sono stati per tanto tempo. I giorni passano, uno dopo l’altro, uno peggio dell’altro e ti convinci che nessuno possa salvarti che nessuno ti tenderà mai una mano mentre stai annegando. E Dio solo sa quando tu la vorresti afferrare, quella mano. Ma non c’è. Non ancora. Perché nessuno ancora sa in che mare tu sia caduta. Ecco, io il mio mare l’ho raccontato a luglio, che faceva caldo ma io tremavo. E voi di mani me ne avete date molte. Più di una. Mi avete riportata su, in superficie. Zuppa e malconcia, ma viva. Mi avete ascoltata quando stavo in silenzio. Mi avete fatta sentire fortissima in quei 50 Kg di vita spaccata. Mi avete dato tanti fazzolettini e mai un giudizio.
Mi avete chiesto senza mai essere indiscreti o giudicanti o uno scalino sopra. Mi avete rispettata. Avete rispettato me, i miei tempi, la mia testa. Mi avete fatta sentire al sicuro». E allora io vi dico che dirò. Racconterò il lavoro che avete fatto, come lo avete fatto. Racconterò che ci cono stanze, in un palazzone di Savona, dove piovono litri di caffè e coraggio. Dove hai male ovunque e quei “stai tranquilla, ce la farai” diventano medicine potentissime. Racconterò che la paura uccide due volte. Ma puoi sempre ucciderla tu ancora prima della prima. Racconterò che c’è chi non teme il male, lo insegue, lo guarda dritto negli occhi, lo blocca. Io non so come finirà. Ma so come è iniziata. So com’ero e come sono ora. So che sono al sicuro. E quindi grazie di cuore, col cuore. A tutti che siete tantissimi. A tutti ed a qualcuno in particolare. Grazie al Poliziotto che è stato la lente giusta per la mia vista completamente annebbiata. Alla psicologa che mi ha tenuta per mano, ma mi ha tenuta davvero. Grazie alla poliziotta bionda, quella leonessa li, che ha cercato di non piangere per me ma ha pianto con me. Lei sa. Grazie a F. e a tutti i poliziotti che mi hanno fatta sentire al sicuro senza mai farmi sentire debole. E alla fine, un grazie speciale alla poliziotta C., che è vero, sapete, che ognuno di noi ha un proprio posto sicuro. Per me è lei. Per quello che mi diceva senza dire e quello che mi diceva facendosi sentire. Per i “dai Maria forza”. Grazie. Perché voi ne avete viste mille ma io ho visto solo voi. Siete stati l’aria dopo l’apnea. Che io, da sola, da quelle onde lì non credo ne sarei mai uscita. Melville ha scritto “La vita è tempesta e tempesta sia”. Lo è stata. L’ho attraversata. E ora respiro. Mi avete salvata. Siate fieri»

Grazie Maria, grazie a questi splendidi angeli della Polizia.

Davide Faraone