Open, Renzi perde la battaglia. I pm: l’inchiesta resta a Firenze

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L’obiettivo di fuggire dalla Procura di Firenze per il momento è fallito. Matteo Renzi ha perso il primo round: l’inchiesta sulla Fondazione Open, che lo vede indagato assieme agli ex ministri Luca Lotti e Maria Elena Boschi, e all’avvocato Alberto Bianchi per concorso in finanziamento illecito, per la Procura deve restare a Firenze. Dopo aver attaccato i pm fiorentini “in cerca di visibilità mediatica”, il 24 novembre scorso l’ex premier, tramite i suoi avvocati Federico Bagattini e Gian Domenico Caiazza, aveva presentato istanza di trasferimento per “incompetenza territoriale” sostenendo che l’inchiesta andava spostata a Roma e in subordine a Velletri e Pistoia. Ieri però è arrivata la decisione della Procura che ha rigettato l’eccezione di competenza territoriale sollevata dai legali di Renzi. Gli avvocati contro questa decisione, entro dieci giorni, presenteranno ricorso in Cassazione e poi il Procuratore generale avrà altri 20 giorni per decidere: anche se l’inchiesta venisse spostata da Firenze, gli atti dell’indagine già compiuti sono validi e potranno essere utilizzati dal nuovo ufficio competente.

Renzi – che fa tornare alla mente quando B. si appellava alla legge Cirami per trasferire i suoi processi per legittimo sospetto – da quando ha ricevuto l’avviso a comparire, si sente perseguitato dai pm fiorentini: “Dalla Procura mi sarei aspettato una lettera di scuse e invece è arrivato un avviso di garanzia, un assurdo giuridico” aveva detto. I pm stanno indagando sui finanziamenti a Open tra il 2012 e il 2018 e l’ipotesi accusatoria, è scritto nell’invito a comparire, è che “in concorso tra loro Bianchi, Carrai (Marco, ndr), Lotti e Boschi, componenti del consiglio direttivo della Open, riferibile a Renzi (e da lui diretta), articolazione politico organizzativa del Pd (corrente renziana)”, avrebbero ricevuto contributi per 7,2 milioni di euro “in violazione della normativa” sul finanziamento ai partiti. Somme queste, sostiene l’accusa, “dirette a sostenere l’attività politica di Renzi, Lotti e Boschi e della corrente renziana”.

I legali di Renzi hanno quindi sostenuto che la competenza fosse “radicata nel luogo in cui ha sede la società che ha effettuato l’erogazione”. Tesi che non ha convinto la Procura.

Ieri, sempre nell’ambito dell’inchiesta Open, sono arrivate le motivazioni con cui il 24 settembre la Cassazione aveva annullato il sequestro di telefoni e computer dei fratelli Aleotti (Lucia, Giovanni e Benedetta) e della madre Massimiliana Landini (tutti estranei all’inchiesta), soci della Menarini e alcuni finanziatori – a titolo personale – di Open. Secondo gli ermellini, il Riesame di Firenze, tra le altre cose, non ha spiegato il perché di un sequestro “onnivoro e invasivo di una serie indifferenziata di dati personali” e quali fossero le ragioni per cui “quella documentazione fosse pertinente rispetto alle esigenze probatorie”. Il ricorso dei legali degli Aleotti riguarda solo l’opportunità del sequestro e delle perquisizioni e non l’accusa di finanziamento illecito.                                                                                   di Giacomo Salvini