Perché non si torna a scuola?

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A meno di un mese dalla conclusione delle – già sospese – attività didattiche, Potere al Popolo ribadisce il carattere di emergenzialità della DAD e la sua inapplicabilità nei contesti ordinari: l’unico modo possibile di fare scuola è in presenza. La scuola non si chiude.

Perché non si torna a scuola?
Le strutture inadeguate e spesso fatiscenti, il mancato rispetto delle norme di sicurezza, le classi pollaio, le carenze di organico, sono alla base delle difficoltà di ripristinare la didattica in classe. Non è possibile riaprire le scuole in sicurezza, senza fornire risposte adeguate a tutte quelle problematiche che già rendevano difficile il lavoro quotidiano di docenti e studenti e che, con l’emergenza CoVid, hanno prodotto i disastri che sono sotto gli occhi di tutti. Ma la scuola non si chiude!

La necessità di ribadire il concetto tanto semplice quanto imprescindibile che non è e non potrà mai essere considerata scuola quella svolta a distanza deriva soprattutto dalle continue dichiarazioni che hanno rilasciato il Ministero dell’Istruzione e i suoi collaboratori – tra cui si annoverano sempre più privati.

Le folli idee della Azzolina e dei suoi esperti
Dal MIUR e dalla commissione di esperti, infatti, ci saremmo aspettati un lavoro finalizzato alla ricerca di soluzioni concrete e praticabili per garantire la riapertura delle scuole almeno per settembre; abbiamo invece ascoltato proposte folli, irricevibili, per le quali non ci sarebbe stato bisogno di nessun comitato di esperti, come quella della didattica da svolgersi per metà in aula e per metà a distanza. La scuola non può essere a distanza, la scuola non si chiude!

Ci saremmo aspettati, invece, un’attenta valutazione sullo stato degli edifici statali abbandonati, inutilizzati o sottoutilizzati, su eventuali soluzioni tampone come cinema, teatri, palestre o altre ipotesi da valutare con la Protezione Civile e, dopo un lavoro simile, una proposta seria e fattibile per la rimodulazione delle classi in base alle nuove esigenze di sicurezza, con l’individuazione del numero di docenti necessario per organizzare la didattica.

Nulla di tutto questo è stato fatto o perlomeno non abbiamo nessun atto che vada in tale direzione. Per ora abbiamo solo decreti, emendamenti, bozze di ordinanze e protocolli che fanno brancolare nel buio docenti e studenti, ignari della loro sorte nei prossimi mesi.

La scuola che vogliamo
Dati i tempi speciali che viviamo, vogliamo ribadire un altro concetto basilare. L’istruzione, così come la salute, è un servizio essenziale e dev’essere trattato come tale. Il governo non può “tappare i buchi”, come si è visto durante questo stato di emergenza, affidandosi totalmente al buonsenso dei docenti e contemporaneamente approfittando della situazione per accelerare un processo di aziendalizzazione della scuola in atto da decenni.

Le uniche vere soluzioni allo stato perenne di emergenza in cui riversano le scuole italiane si riassumono in due proposte concrete: lo stanziamento di fondi e l’assunzione di più docenti. Effettivamente può sembrare che la ministra Azzolina abbia a cuore entrambi i punti citati, considerate le manovre proposte negli ultimi mesi, eppure non siamo minimamente d’accordo coi termini della loro attuazione.

Facciamo un esempio concreto di un problema che potrebbe essere risolto con le soluzioni sopraccitate: le cosiddette classi-pollaio, contro cui la Azzolina dice di aver sempre combattuto, frutto di scelte fatte dal MIUR nel corso del tempo.

Affinché la scuola possa liberamente ottemperare al suo ruolo non è pensabile che una classe sia composta da trenta alunni. Cosa si può fare? Da una parte costruire edifici scolastici con più aule e spazi, a norma ça va sans dire, e dall’altra assumere più personale docente. La scuola non si chiude, si tiene aperta con il numero di insegnanti necessario!

Vogliamo che siano stanziati fondi da utilizzare per migliorare la scuola, prima di tutto dal punto vista strutturale. La messa in sicurezza degli edifici scolastici deve essere una priorità. Dei soldi stanziati per la Didattica a Distanza non sappiamo cosa farcene, se le scuole in cui lavoriamo non hanno neanche la carta igienica, per non parlare dei computer e della LIM. LA scuola non si chiude!

Bisogna che siano garantiti gli spazi per apprendere; spazi ampi e anche all’aperto che concepiscano anche lezioni diverse da quelle frontali. Per fare ciò, è necessario che spesa per l’istruzione non contribuisca al calcolo del debito pubblico.

Una soluzione giusta per i precari
Inoltre, vogliamo che i docenti precari siano assunti con un concorso a titoli. La ripresa della scuola, infatti, non sarà possibile senza un piano di assunzioni in grado di rispondere alla situazione attuale.

I bandi dei concorsi della scuola pubblicati in GU dal MIUR sono coerenti con il resto dell’operato: esprimono inadeguatezza. A nostro avviso, non sono una soluzione al problema dell’alta percentuale di docenti precari presenti nelle scuole italiane. Sembrano essere una bella manovra politica per ottenere più consenso da parte dei cittadini.

Di seguito solo alcuni motivi per cui questi bandi ci sembrano una pagliacciata:
I posti disponibili in ogni regione non coprono neanche lontanamente il fabbisogno reale. A cosa serve un concorso che stabilizza una minima percentuale dei docenti precari? Un concorso che contemporaneamente consente al ministero dell’Istruzione di avere ancora accesso a migliaia di lavoratori a un costo minimo?
Ancora non è ben chiaro come un quiz di ottanta domande in ottanta minuti possa essere valido per testare le qualifiche di un insegnante. È utile tanto quanto lo sono i testi degli Invalsi – per niente! Combatteremo sempre contro una scuola che fa del sapere nozionistico e del dualismo tra competenze e abilità i suoi fiori all’occhiello
Infine, il tempismo. In un periodo emergenziale come questo è impensabile credere che i docenti possano avere la lucidità di studiare con serietà. Esami, lezioni, consigli, collegi, riunioni dipartimentali a distanza contornate da un “cosa hai detto” a un “la linea non va”. Per non parlare di chi svolge il duplice compito di insegnante e genitore, dividendosi tra le sue lezioni e quelle dei propri figli. Esistono regioni dell’Italia che ancora oggi contano quotidianamente le vittime. Il governo non può chiedere ai cittadini di smettere di aver paura dopo aver innescato una vera e propria “strategia del terrore”.
Bisogna considerare che in questo momento non è possibile svolgerli in sicurezza. Migliaia di persone in giro per l’Italia, coi mezzi pubblici, a dormire presso alberghi o in case di amici, dentro scuole sicuramente non ancora sanificate rischiano di scatenare nuovi focolai.
A questi concorsi fittizi si aggiunge la non riapertura delle graduatorie di Istituto, un’ulteriore spinta alla precarizzazione dei lavoratori del mondo della scuola.

Una scuola nuova, aperta, democratica
Crediamo vivamente che questo stato di emergenza abbia avuto il merito di far emergere le contraddizioni presenti in settori essenziali come la sanità e l’istruzione. Vogliamo ribaltare la concezione di scuola “moderna”, più simile a un’azienda che a un luogo di libertà e sperimentazione. Ci opponiamo fermamente al modello di scuola del futuro, in cui il profitto è messo in primo piano. Un modello in cui si preferisce la Didattica a Distanza alla scuola in presenza perché quest’ultima non produce profitto. Vogliamo che venga data nuovamente centralità agli organi collegiali. Ci opponiamo al sistema dei crediti e delle valutazioni sommative. In questi ultimi mesi si sono dimostrate essere scelte che si preoccupano della forma e non della sostanza.