Raffaele Morelli: “Impariamo a stare con noi stessi e torniamo a giocare di più e a ridere come i bambini”

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Lo psichiatra e psicoterapeuta ha risposto a chi ritiene che alla fine dell’emergenza da coronavirus dobbiamo diventare migliori e ha osservato che “migliorare è una brutta parola”

Raffaele Morelli torna ad aiutare, fornendo consigli e suggerimenti, quanti faticano dal punto di vista psicologico a gestire la quarantena, imposta per decreto per contenere il contagio da coronavirus. Lo psichiatra e psicoterapeuta è partito da due parole, ossia ‘speranza’ e ‘attesa’, spiegando che “in questi giorni il virus, nella sua distruttività, ci ha fatto scoprire lo stare con noi stessi, che è un qualcosa che abbiamo ignorato e perduto, soprattutto nei giovani”.

Dobbiamo imparare a stare con noi stessi

Il professor Morelli ha detto a RTL 102.5 che attraverso l’isolamento impareremo di più a stare con noi stessi, evitando così di continuare a vivere sempre al di fuori di noi, in maniera artificiale. Dopo aver ricordato che il sogno ad occhi aperti è un farmaco, il fondatore dell’Istituto Riza ha osservato che “chi soffre di ipocondria in questi giorni sta meglio perché la malattia non viene più da dentro, ma da fuori: il virus è invisibile, ma può penetrami e allora, riparandomi nelle mure, non mi faccio più invadere”. Allo stesso modo anche le persone introverse in questo momento “sono più tranquille perché si riparano dentro se stesse”.

Il dottor Morelli ha sottolineato quanto sia “importante trovare spazi di solitudine” e perdersi e affondarsi in essi e ha osservato che è vero che aspettiamo che finisca il virus e che si possa uscire di casa, “ma stiamo aspettando anche noi stessi”.

I bambini non saranno traumatizzati dal ritorno alla normalità dei genitori

Il professor Morelli ha replicato a distanza ad una psicologa che in televisione ha asserito che siccome i bambini avranno un trauma quando i genitori torneranno alla vita normale e quindi ad uscire di casa per lavorare, è bene che si parli con loro di questo:

“Non è la psicologia che penso io e che piace a me. I bambini non avranno alcun trauma. In questo momento hanno trasformato il dolore in distanza dalla realtà. Giocano. Non vorrei che continuando a parlare di traumi nei confronti dei bambini glieli creassimo per davvero”.

Quindi ha fatto notare che la quarantena è una lezione per gli adolescenti, in quanto essi fanno del movimento e dell’azione esterna la loro vita, mentre per le persone più mature è più facile stare con se stessi.

Non giochiamo più, non ridiamo più

Morelli ha auspicato che la quarantena spinga le persone a tornare al gioco, come fanno i bambini con assoluta naturalezza:

“Una ricerca dice che un bambino di 4 anni ride 4 mila volte al giorno, un adulto di 40 ride 40 volte in ogni circostanza. Siamo diventati troppo artificiali, troppo paurosi di stare con noi stessi. Giochiamo di più con noi stessi”.

Quindi, ha risposto a chi sostiene che dopo questa emergenza dobbiamo diventare migliori:

“Non dobbiamo diventare migliori. Dobbiamo imparare a stare di più con noi stessi. Migliorare è una brutta parola, perché significa imitare e diventare più uomo, più calmo, meno aggressivo. No, va rispettato il carattere”.

Morelli, infine, ha spiegato che la permanenza forzata in casa consente di riscoprire “il piacere che abbiamo dimenticato di sfogliare i nostri ricordi e di riaprire i bauli”.