Ragnar Jònasson – Fuori dal mondo – Venezia, Marsilio, 2019, 256 p. (207)

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Apparentemente monotona e piatta (un antico e desolato fiordo islandese, una vecchia foto senza nulla di speciale,…), con un solo piccolo legame con l’attualità del nostro vivere (una pandemia in atto nella ristretta comunità di Siglufjordur), questa storia intreccia un doppio giallo che l’agente di polizia Ari Pòr ed il suo capo Tòmas (per la verità più il primo) sbroglieranno e chiariranno solo parzialmente.

Da una parte la morte “sospetta” di una delle due sorelle Gudfinna e Gudmundur – secondo la polizia di allora morta accidentalmente (o suicidatasi) circa sessant’anni prima per aver scambiato il veleno per topi con lo zucchero – dall’altra la morte per investimento e per vendetta di Snorri, il figlio tossicodipendente e “poco o nullafacente” di un alto esponente politico, che a sua volta, però, nulla aveva a che fare con la morte di Bylgia, compagna di Emil,… mentre il vero colpevole di quest’ultima morte, molto probabilmente se la caverà senza nessuna punizione.

Intrecciano e complicano l’intera faccenda il rapimento e il successivo rilascio, senza senso, di un bambino e la presenza e la scomparsa di un ragazzo che apparentemente nessuno conosce e che appare in quella foto di tanti anni prima.

Un’ultima notizia/curiosità ci viene rivelata da Ari Pòr, che alla fine di tutto non riscontra prove certe su quanto scoperto: “… sta a voi decidere se credere o meno a tutta questa storia. Io sono convinto che sia andata così …

L’ambiente silenzioso, poco luminoso, triste e per certi versi lugubre di quell’estremo lembo di territorio nel nord Islanda, unitamente a freddo, neve, ghiaccio e tempeste tipiche di quei luoghi, fanno da cornice condizionante ed accompagnano gli avvenimenti di questi personaggi – dai caratteri ben delineati dall’autore – che, pur essendo lontani dal nostro vivere del sud Europa, ovviamente, sentono, partecipano e sono condizionati dalla nostre stesse emozioni, trasmettendo al lettore sentimenti e passioni, amore e odio, compartecipazione e distacco.

A far appassionare Ari Pòr a queste vicende non è solo – come potrebbe sembrare – l’essere barricati in casa per la pandemia, in quella piccola comunità con poche cose da fare, ma anche la sua naturale passione e coinvolgimento in tutte le cose a cui non trova una logica spiegazione, una curiosità professionale che probabilmente è anche personale, quasi indispensabile per vivere in quei luoghi, per svolgere bene il proprio ruolo e dovere di uomo e di poliziotto.

Ragnar Jònasson, “ragazzo” del 1976, vive a Reykjavik, è avvocato e giornalista ed insegna all’università. Ha tradotto in islandese tutti i libri di Agatha Christie ed i suoi libri gialli sono venduti in trenta paesi.

Pur essendo la storia narrata frutto di pura invenzione ed i personaggi descritti non avendo alcuna corrispondenza nella realtà, Hèdinsfjòrdur esiste veramente ma è completamente disabitato dal 1951, come pure esiste realmente la cittadina di Siglufjordur dove sono nati i nonni dell’autore P. Ragnar Jònasson (1913-2003) e Gudrùn Reykdal (1922-2005) cui il libro è stato dedicato.

Franco Cortese Notizie in un click