Renzi: “Le leggi le scrivono i parlamentari, non i cardinali”

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“La legge Zan non viola il Concordato e la nota verbale del Vaticano è un errore. Le leggi le scrivono i parlamentari, non i cardinali”

Nel suo studio a Palazzo Giustiniani, Matteo Renzi spiega perché l’opposizione di un pezzo di Chiesa alla legge contro l’omotransfobia non sia accettabile. “Un’entrata a piedi uniti di questo tipo riporta indietro le lancette dell’orologio a 5 anni fa, prima delle Unioni Civili. Dico che è un autogol da politico, perché riapre uno scontro Stato-Chiesa di cui non si vedeva il bisogno, ma anche da cattolico, perché non possiamo fare l’errore di ridurre il messaggio del Vangelo a mero fatto etico. Come credente sono dispiaciuto per lo scontro tra pezzi di Vaticano e pezzi di Cei, come politico difendo la laicità delle istituzioni”.

Quindi la Zan non va cambiata?
“Lo deciderà in libertà il Parlamento, non il Vaticano. Italia Viva ha già votato alla Camera e voterà in Senato. Ma suggerisco prudenza: se con il voto segreto va sotto su un emendamento, la legge rischia di essere affossata. Una legge serve e va approvata velocemente: i promotori devono decidere se accettare alcune modifiche con una maggioranza ampia o rischiare a scrutinio segreto su questo testo. Quando approvammo le unioni civili, facendo un’operazione bella, di avanzamento dei diritti, trovammo delle mediazioni”.

Al ribasso, tanto che è rimasta fuori l’adozione del figlio del partner, sempre per non dar fastidio a un pezzo di Chiesa?
“Migliaia di persone si sono sposate grazie a quella storica legge: definirla al ribasso è ingiusto. Certo: la stepchild non entrò nella legge, ma non per colpa della Chiesa, quanto per un fatto di aritmetica politica: mancavano i numeri. Fu un mezzo miracolo l’approvazione, con la fiducia messa rischiando la vita del governo. E prendendo insulti da parte del mondo cattolico: ricorda gli striscioni del Family Day al Circo Massimo? Casomai andrebbe ricordato il voltafaccia last minute dei 5 Stelle fatto — pare — sulla base dell’accordo tra Di Maio e un influente vescovo meridionale”.

Il Parlamento allora disse: faremo una riforma organica delle adozioni. E invece nulla. Non rischia di accadere lo stesso, che la Zan si impantani?
“Non ci fu perché cadde il mio governo. Così come fu bloccato per paura lo Ius culturae, che noi avevamo approvato alla Camera. Capisco il tema, ma si possono fare modifiche chiedendo tempi certi di approvazione per il ritorno alla Camera. Oppure si può rischiare l’Aula. Sui social contano i like, in aula contano i voti. E dunque non bisogna usare il tema dei diritti come una clava, come purtroppo accade in altre parti del mondo: il dibattito sulla Cancel culture in America mi inquieta. Si buttano giù statue, si bruciano libri, si riscrive la storia. Così si combatte la cultura, non il razzismo”.

È l’alibi per un cedimento?
“Sta scherzando? Io ho firmato leggi sui diritti mentre gli altri organizzavano convegni per mettere bandierine. Unioni civili ma anche caporalato, terzo settore, dopo di noi, cooperazione internazionale. Dico solo a chi di dovere: fate bene i conti. Il Concordato non è un problema, una bocciatura in aula sì”.

Voi però lo voterete?
“Noi si. Ma fossi nei promotori cercherei un consenso largo e mi preoccuperei delle critiche fatte da una parte del Pd su scuola e femminismo. Sono pragmatico e cerco di calare l’ideale nella realtà. Se invece usi i diritti solo per definirti e marcare un consenso personale, se lo fai per inseguire i like degli influencer, non fai politica, sei un populista. Mi ha colpito vedere Conte e Letta il primo maggio twittare insieme: la sinistra riparta da Fedez. Ma io me lo ricordo Fedez quando urlava in piazza contro Giorgio Napolitano o usava espressioni omofobe. Avrei parlato più delle tragedie di Saman e Luana e meno dei post di Fedez”.

Perché mettere in conflitto diritti civili e diritti sociali, non si può lottare per entrambi?
“Si può e si deve. Ma la politica si misura sulle risposte che si danno su JobsAct e infrastrutture, non sulla polemica Letta-Salvini su quanti calciatori della nazionale devono inginocchiarsi. Diamo risposte ai problemi e lasciamo in pace la Nazionale di Mancini che è una delle poche cose che funzionano. Quella di Enrico mi sembra una tattica, per acchiappare qualche like, speculare e opposta alla logica di Salvini. Per questo non ho apprezzato quando dopo aver rifiutato di discutere nel merito del ddl Zan con la Comencini ha aperto a modifiche dopo l’uscita del Vaticano. Mi è sembrato un atto di subalternità psicologica”.