Siria e Libano, dove il Bambino Gesù nasce povero tra i poveri

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Ben presente al Papa è la situazione di difficoltà di questi due Paesi, tanto che Francesco non ha mancato di esprimere una preghiera per le popolazioni nel Messaggio Urbi et Orbi di questo Natale. Di fronte al dramma di tanti cristiani costretti a un esodo forzato, il francescano Padre Firas Lutfi esorta i pastori a dare speranza e a stare vicino al popolo di Dio durante le celebrazioni di questo tempo: “Le parrocchie – dice – sono una famiglia dove vivere la fede”

Marco Guerra – Città del Vaticano

Siria e Libano sono le terre che hanno ospitato la nascita delle prime comunità cristiane. Città, villaggi e monasteri, cuore pulsante del cristianesimo orientale, si preparano ad un Natale ancora una volta segnato da guerre, instabilità politica, estremismo islamista, mancanza di beni di prima necessità e soprattutto la ferita dell’incessante esodo della popolazione.

Cala il numero delle vittime

Le condizioni ancora gravissime sono alleggerite da qualche segno di miglioramento: in Siria il 2021 si chiude con il bilancio più basso di vittime, 3746 persone uccise dall’inizio della guerra civile nel 2011. Restano però l’incertezza sulle sorti politiche del Paese, l’embargo internazionale contro il governo di Assad e il caro energia con condizioni sempre più deteriorate nei campi profughi. Non va meglio in Libano dove si acuisce la crisi economica con un nuovo record dell’inflazione della lira che in pochi giorni ha perso ulteriore valore rispetto al dollaro statunitense.

Il Natale che unisce

In questa cornice le famiglie cristiane si stringono attorno al popolo di Dio e ai loro Pastori per vivere un Natale di autentica fede e carità. Le celebrazioni pubbliche che scandiscono solitamente l’Avvento sono state ridotte anche a causa della pandemia ma non sono mancati i momenti di condivisione con il resto della popolazione di fede musulmana. La celebrazione della nascita di Gesù Bambino diventa quindi di nuovo un momento di gioia e partecipazione per tutti i libanesi e i siriani che vedono nei riti del cristianesimo un elemento di unione per tutto il tessuto sociale del Medio Oriente.

Padre Lufti: vicini a Cristo nella sofferenza

“Questo è un Natale più conforme a quello che è accaduto duemila anni fa nel buio totale e nel freddo di una stalla a Betlemme, un Natale avvolto dalle tenebre della povertà. La comunità cristiana non ha i mezzi per manifestare l’aspetto ‘esteriore’ delle feste e delle luci ma proprio per questo siamo più vicini all’incarnazione di Gesù nel freddo di una stalla”, spiega a Vatican Newspadre Firas Lutfi, francescano di Terra Santa, ministro della Regione San Paolo che comprende, oltre la Siria, il Libano e la Giordania. Il pensiero del ministro dei Francescani di Terra Santa va alle comunità più sofferenti, fra queste i tre villaggi cristiani dell’area di Idlib ancora sotto il controllo dei gruppi islamisti integralisti: “Si tratta di 300 famiglie e due frati francescani che abitano a Knaye, Yacoubieh e Gidaideh. Villaggi isolati dal resto del mondo. Queste comunità devono stare attente all’espressione pubblica dei festeggiamenti. La loro è una grande testimonianza di fede per tutti noi”.