Sono finiti i regali ai Benetton

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Fai la cosa giusta e ti tirano le pietre. Tocca vedere pure questo alla fine di uno scandalo che da casello a casello ci ha messo trent’anni

Ieri, con il via libera della società Atlantia, controllata dai Benetton, gran parte delle autostrade date in concessione negli anni ’90 è tornata alla gestione pubblica. Per farlo, la Cassa Depositi e Prestiti insieme a due fondi internazionali ha pagato circa otto miliardi, perché nonostante evidenti lacune nelle manutenzioni e tragedie come quella del ponte Morandi il contratto fatto a suo tempo non permetteva la revoca nemmeno per giusta causa.

L’ex premier Conte e i 5 Stelle hanno sondato in ogni modo questa possibilità, ma se si fossero avventurati su tale strada c’era il rischio di un enorme contenzioso legale, con la possibile beffa di penali miliardarie da pagare a chi non aveva garantito la sicurezza del viadotto Polcevera e di molte altre strutture. Dunque si è proceduto come meglio si poteva, avendo ben chiaro che la cifra adesso da sborsare non è un regalo di chi sta uscendo da questo pasticcio, ma l’ultima rata di una vergogna nazionale cominciata ai tempi della Prima Repubblica, e poi confermata dalla Sinistra a Berlusconi. Grazie a un’infrastruttura realizzata con i soldi degli italiani, una serie di privati ha fatto miliardi a palate, restituendo in cambio manutenzioni insufficienti e tariffe tra le più alte d’Europa.

Una cuccagna che pesava sulla competitività complessiva del Paese. Perciò sentir parlare di regalo di Stato ai Benetton (e agli altri azionisti di Autostrade per l’Italia) è un’autentica sciocchezza, che poggia su un sentimento di comprensibile vendetta verso chi ha provocato i 43 morti di Genova, ma che non ha supporto giuridico se non in un Far West. Certo – si dirà – è incredibile che i venditori siano riusciti ad addossare all’acquirente parte dei possibili risarcimenti per le vittime.

Ma lasciare le cose come stavano che garanzie ci dava di non piangere altre stragi? Quindi il costo per tornare alla gestione pubblica ha un valore che nessuna moneta potrà compensare. E comunque nel tempo si rivelerà conveniente anche sotto l’aspetto finanziario, contenendo i pedaggi. Dunque chi ha fatto l’affare?

Gaetano Pedullà