Sono stato molto combattuto nel decidere se scrivere questa riflessione

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Per settimane mi sono chiesto se volevo davvero espormi alle critiche che naturalmente genererà.

Alla fine ho deciso di fare ancora una volta ciò che sento giusto e non quello che mi sembra più conveniente.
Prima di esserne messo alla porta, io fui un orgoglioso fondatore del Partito Democratico e addirittura corsi per la segreteria nazionale. Credevo che potesse rappresentare una straordinaria opportunità per l’Italia, accogliendo gli aspetti migliori dell’eredità culturale e valoriale del Partito Comunista di #EnricoBerlinguer e della Democrazia Cristiana di #AldoMoro. Nel solco di questo pensiero ho messo tutto il mio impegno quando ho avuto responsabilità istituzionali, nel Parlamento e in Campidoglio.
Non conosco la visione del Partito Democratico sui temi che riguardano l’umanità e il pianeta nell’unico tempo che conta, il #futuro, e ho la sensazione che una visione condivisa di valori non la abbia. Su questo posso essere in errore. Invece, anche a causa delle diffamazioni subite e dei 25 (venticinque) procedimenti giudiziari a cui venni sottoposto dopo la mia rimozione da Sindaco, ma anche per il mio profondo amore per #Roma, ho sempre seguito le vicende romane.
I partiti fondatori del PD ebbero un ruolo importante nella Capitale dal momento in cui la legge elettorale affidò ai cittadini la scelta dei Sindaci. Quel ruolo, sorprendentemente, si esaurì proprio contemporaneamente alla fondazione del PD, con la vittoria elettorale di Gianni Alemanno. Dal 2008 il PD ha svolto a Roma un ruolo di opposizione. Sono incerto se questo sia dovuto alla incapacità di riconoscere le proprie debolezze oppure alla determinazione di conservare una fetta di potere anche se progressivamente ridotta.
Sulla base del mio programma di idee stavo lavorando con mille ostacoli, fino a quando un gruppo di “Onorevoli Consiglieri” ha deciso di tradire quel progetto di trasformazione che avrebbe fatto bene alla città. Un gruppo di persone che non ha neanche avuto il coraggio di votare una sfiducia ma si è rifugiato nello studio di un notaio. È poco serio che il PD candidi adesso quelle stesse persone ad amministrare Roma. Non posso essere silente di fronte a questa ennesima giravolta di chi pensa al potere come un sostantivo e non come un verbo: poter fare, poter cambiare, poter costruire.
Devo riconoscere che, inaspettatamente, Virginia Raggi ha voluto pubblicamente chiedere scusa per alcuni azioni ingiuste e ingenerose. Credo che si tratti di scuse vere: l’esperienza e la riflessione nella vita portano a valutare se stessi e a maturare. D’altra parte coloro che agirono sottraendo ai Romani il diritto di giudicare non hanno mai avviato un dibattito sulle loro azioni ed, evidentemente, le ritengono irrilevanti se questo non impedisce alle loro coscienze di ricandidarsi.