UNA GRANDE RIFORMA PER USCIRE DALLA PALUDE

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Businessman touching financial dashboard with key performance indicators

Tre cifre. Tre dati di fatto incontestabili che dovrebbero indurre ad una riflessione comune e una comune assunzione di responsabilità. Assumendo che la Seconda Repubblica sia nata con le elezioni del 1994 regolate per la prima volta da una legge elettorale sostanzialmente maggioritaria, quella che portava il nome dell’attuale capo dello Stato, nei 25 anni trascorsi da allora ad oggi l’economia italiana si è fermata, costringendoci a familiarizzare con il concetto di crescita zero; il debito pubblico ha proseguito la propria corsa fino a sfiorare la cifra monstre di 2500 miliardi; abbiamo avuto la bellezza di 16 goveni, uno ogni anno e mezzo, contro i 7 della Germania. Non è normale. Non è tollerabile. Non è normale che l’Italia sia passata da quinta economia industriale del mondo con aspettative di benessere crescente a fanalino di coda dell’Europa senza più fiducia nel futuro. Non è normale che chi governa continui a scaricare sulle generazioni a venire gli oneri delle proprie scelte, così come quelli della propria cronica incapacità di scegliere. Non è normale assistere passivamente alla sistematica erosione del risparmio privato delle famiglie. Non è normale rassegnarsi alla debolezza dei governi e alla precarietà delle legislature. Debolezza e precarietà che incoraggiano, e quasi obbligano, chi ha la ventura di governare ad eccedere nella tattica e mancare in strategia, ad abusare della propaganda a scapito della Politica. Detta altrimenti: a concentrarsi sul presente, pregiudicando il futuro.

L’Italia ha due fardelli di cui dovrebbe liberarsi al più presto: i propri debiti e la propria debolezza istituzionale. Finché non li sgraveremo dalle spalle della Nazione ogni speranza di cambiamento (in meglio, s’intende) sarà vana. Pensare che basti metter mano alla legge elettorale per risolvere tutti i problemi sarebbe grottesco. Continuare a privilegiare l’interesse di partito sull’interesse nazionale sarebbe criminale. Domenica, il senatore Zanda ha lanciato la proposta di un’Assemblea costituente che ponga rimedio alle nostre croniche manchevolezze. Le formule possibili sono diverse. Condivisi dovrebbero essere il metodo e l’obiettivo: una generale assunzione di responsabilità per tirar fuori l’Italia dalla palude in cui ristagna da quasi tre decenni rendendola, di conseguenza, realmente “governabile”.

Andrea Cangini