L’ultima a certificarlo è l’Oxfam, che ha fatto i conti su quanto i ricchi si siano ulteriormente arricchiti anche durante i lockdown, mentre per i ceti deboli la situazione è precipitata.
A fronte di questa monumentale iniquità pochi governi hanno fatto sul serio, e chi ci ha provato – come in Italia Giuseppe Conte – è stato mandato a casa. La comunità internazionale si è accontentata invece di qualche pannicello caldo, come la tassazione di appena il 15% per i colossi di internet, nonostante non sappiano più dove mettere i miliardi.
Per ridurre queste gigantesche diseguaglianze l’unico vaccino sono nuove politiche di welfare e una classe dirigente capace di comprendere che la forbice tra ricchi e poveri non si può allargare all’infinito. Al contrario, distribuendo il benessere che soprattutto l’Europa ha potuto accumulare in decenni senza guerre, dopo il sacco ben più lungo delle stagioni coloniali, può venirne una maggiore crescita per tutti.
Un esempio è quello delle case, oggi un’autentica emergenza visto che abbiamo circa 150mila famiglie tutte insieme sotto sfratto. Persone che hanno bisogno e in generale diritto a un tetto tanto quanto i proprietari degli immobili hanno diritto alla pigione.
Mettere gli uni contro gli altri è la classica ricetta di una politica sterile, mentre costruire le abitazioni che servono rottamando migliaia di vecchi edifici, grazie a piani di housing sociale e di case popolari, incentiverebbe ancora di più il lavoro e la crescita. Le diseguaglianze che abbiamo sono enormi, ma farle crescere o ridurle non è una casualità, ma una di quelle scelte che toccano alla politica. Quella vera.
Gaetano Pedullà